ROMA. Nessuna stabilizzazione in vista per i 170 mila precari della scuola. Lo ha detto il ministro dell' istruzione, Stefania Giannini, secondo la quale va avviato uno «smaltimento» graduale e poi «tornare ad un normale reclutamento».
Il ministro - intervistato su Canale5 - ha anche ribadito l'impegno per l'edilizia scolastica confermando che entro giugno l'avvio dei cantieri in 10 mila edifici così da essere pronti per l'inizio del prossimo anno scolastico.
Giannini ha precisato che sono «circa 170 mila oggi i precari di varie tipologie, che hanno ancora bisogno di una soluzione». Per i quali non sarà però percorsa la «strada della stabilizzazione» come pacchetto totale. Si farà invece «in modo di smaltire questa piaga tutta italiana ed avviare un reclutamento che non sia a singhiozzo e consenta a tutti i giovani che vogliono fare questo lavoro di farlo se hanno titoli e meriti». Per il ministro i 51 miliardi che il settore spende in stipendi «sono pochi se si considerano i 270 miliardi per le pensioni. Se facciamo una proporzione con il debito sul passato. Oltre alla quantità - ha osservato - è importante avere la certezza, si è lavorato al giorno cercando di tamponare l'emergenza».
Negli interventi sulla scuola, «bisogna andare oltre i muri, occuparsi di chi sta dentro le classi, dalla scuola dell'infanzia all'università». C'è un «cambio di metodo, uscire dal clima di emergenza a cui questo ministero costringe tutti i ministri che sono chiamati a questo importante compito». Non è prevista tuttavia alcuna riforma: «non c'è bisogno di toccare un'architettura di norme già complessa. I criteri sono due: semplificare al massimo a livello di regolamenti e poi la parola chiave è programmazione possibile, avere la certezza di quello che è sia in termini di risorse e obiettivi, almeno nel triennio».
Sulla dispersione scolastica, il ministro distingue fra l'università - dove va migliorato l'orientamento perchè «spesso la facoltà viene scelta come scommessa familiare o con scarsa conoscenza del corso di studio» - e la scuola media inferiore e superiore dove «il problema è più complesso e ha a che fare con la dimensione dell'educazione. Lì - ha precisa il ministro - bisogna lavorare non solo nelle aule ma fuori, nella società» valutando «quello che le famiglie non riescono a fare e la scuola non riesce a dare. Si tratta di un discorso molto più complesso».
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