Il Festival arricchisce le casse Rai, ma il governo lo boccia. Amadeus: «Se non mi vogliono, me ne vado»
Il fortino Sanremo ha le mura ispessite dai risultati record dell’edizione 2023, oltre 50 milioni di raccolta pubblicitaria, il dato più alto di sempre, e una media di ascolto di 10,7 milioni e del 63% che non si vedeva dal 1995. Ma l’assedio delle forze di governo non arretra, neanche nel giorno in cui la Rai chiude un bilancio più che lusinghiero. «È un’edizione destinata a rimanere nella storia della nostra televisione e del Paese», commenta l’ad di Viale Mazzini Carlo Fuortes. E Amadeus ancora una volta ci mette la faccia: «Se mi mandano via, me ne vado», consapevole però che nella vita «dipende tutto dai risultati», quello che conta «è sbagliare con le proprie idee». Dopo l’attacco a testa bassa di Fratelli d’Italia, che ha chiesto a chiare lettere un ricambio alla guida della Rai, oggi l'avviso di sfratto ai vertici del servizio pubblico arriva da Matteo Salvini. «Ho scoperto stamattina chi ha vinto, auguri: non commento altro, sicuramente una riflessione sulla gestione Rai nel suo complesso andrà fatta», dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, spiegando di non aver seguito la serata finale. «Da ministro voglio salvare il Festival di Sanremo, se fosse come deve essere il festival della canzone italiana. Ci guardano in moltissimi Stati, quindi io non ne voglio parlare male, ma qualcuno si deve fare un esame di coscienza: che il festival sia comunista non è una novità», taglia corto il ministro del Turismo Daniela Santanchè. «Un conto è la satira contro chi governa, altro sono i comizi, per di più alla vigilia del voto regionale, con messaggi equivocabili per la violenza con cui vengono compiuti: la Rai e Sanremo devono essere libere dalla becera propaganda», è la riflessione di Salvatore Deidda (FI), presidente della commissione Trasporti della Camera, che torna sul caso Fedez. «Alla destra, al governo dico: giù le mani dalla Rai! Voler mettere il bavaglio agli artisti e alla libertà di esprimersi non è degno di un Paese democratico», avverte Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla segreteria Pd, postando una foto del cast di Sanremo. A difesa del festival anche Debora Serracchiani: «Racconta in modo intelligente e con le forme e i linguaggi talvolta provocatori dell’arte, un’Italia che è molto più avanti di chi la governa». «La destra sta preparando l’assalto per controllare lo spazio della comunicazione pubblica nel nostro paese, come nel ventennio», accusa Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. Un braccio di ferro che va avanti da giorni e che non rende giustizia ai risultati. «Se chiunque dovesse dirmi che il mio mandato finisce qua, ne prenderei atto conservando quattro anni bellissimi per tutta la mia vita, con il piacere di aver fatto quello che desideravo fare», precisa Amadeus in sala stampa. «Nella vita, al di là dei festival, dipende tutto da un risultato: se si ottengono questi risultati hai una forza, se avessi fatto il 15-20% in meno sarei un allenatore esonerabile. Qualsiasi allenatore è forte finché la squadra vince, se la squadra perde anche i più grandi sono a rischio esonero. Ecco perché devo portare quello che sento, bisogna sbagliare con le proprie idee». E i risultati parlano chiaro: Sanremo mette in cassa oltre 50 milioni di euro di raccolta pubblicitaria, archivia una finale da 12,2 milioni di spettatori pari al 66% di share (un dato che non include né il messaggio del leader ucraino Zelensky né la proclamazione del vincitore, Marco Mengoni, altrimenti sarebbe superiore) e la media più alta dal 28 anni a questa parte, nonostante la controprogrammazione di Mediaset. In netta crescita il pubblico giovanile, con target dell’86% sulle ragazze di 15-24 anni e del 78% sui ragazzi. E un 72.2% sui laureati che è il più alto nella storia del festival. «Il ruolo della Rai si conferma fondamentale», chiosa Fuortes. «Le esternazioni politiche fanno parte della natura di una kermesse così importante, ma il nostro lavoro è legato al prodotto televisivo, e vederlo così ben fatto e ben rappresentato è la gioia più grande», riflette riflette Stefano Coletta, direttore Intrattenimento di prime time. Che chiude con una riflessione personale: «Restano a volte le amarezze quando si viene attaccati sul piano personale. Trovo incivile che si attacchi un dirigente della tv pubblica sul fronte privato, io sono una persona perbene».