Per i bookmaker sono già in testa a tutti i pronostici. Perché hanno un brano accattivante (Brividi), perché sono bravi, perché uno dei due ha già vinto il festival, e soprattutto perché hanno frotte di fan pronti a sostenerli e a votarli. Mahmood e Blanco, però, dicono che «no, non ci pensiamo. Chi entra papa, esce cardinale». E via dicendo, con tutte le scaramanzie del caso. «Siamo poveri concorrenti - scherzano, mostrando molto affiatamento - contro i boss della musica. Andiamo lì molto schisci». E soprattutto senza sentire il peso di rappresentare il nuovo pop italiano. «Gli artisti non si deve sentire di rappresentare qualcosa o qualcosa. Al massimo saranno gli altri a dirlo». L’obiettivo della coppia più cool del festival, assicurano loro, «è divertirsi». Con la spontaneità di linguaggio della loro età (19 anni tra pochi giorni Blanco, all’anagrafe Riccardo Fabbriconi, 29 Alessandro Mahmoud), spiegano che hanno scelto di essere a Sanremo «perché ci mancava il pepe al culo. L'adrenalina del palco». Un’anteprima, in qualche modo, dei tour che entrambi hanno in programma nei prossimi mesi e che sperano di poter fare a capienza piena, come sarà all’Ariston. «Lo speriamo per noi, ma anche per la musica in generale. A livello sociale vorrebbe dire tanto, anche se con il green pass, con le mascherine: l’importante è aprire». Dieci anni tra i due, e due mondi apparentemente distanti ma legati dalla versatilità e dalla forza emotiva della loro scrittura. L’incontro è avvenuto un po’ per caso. In studio di registrazione. «Ci siamo incontrati lì - raccontano -. Abbiamo cominciato a suonare un po’, e in poco tempo è nata Brividi. Ma Sanremo non era la scelta primaria. Lo abbiamo deciso dopo aver scritto il pezzo». La «colpa», raccontano ancora, è dei loro genitori: prima il padre di Blanco, poi la madre di Mahmood che hanno promosso questa ballad con pianoforte e archi. «Quando mio padre ha sentita Brividi ha detto: 'perché non lo presentate al festival?». Ho mandato un messaggio ad Alessandro che per 10 giorni non mi ha risposto. Poi è arrivato solo un Figo, sì». Il brano porta le loro due firme ed è composto con Michelangelo, che ne è anche produttore. Mahmood torna in Riviera dopo l’incredibile doppietta nel 2019, vincitore tra i Giovani e subito dopo tra i Big con Soldi. «Ma l’ansia è sempre la stessa, non cambia nulla. Anzi, qualcosa di diverso c'è: il mood. Mi farò conoscere con altre sfumature, racconterò cose che non ho mai raccontato. È sempre un’esperienza nuova. È come buttarsi da un burrone, non sai mai se ti schianti o se atterri sul morbido». Dovrà fare da Cicerone a Riccardo, che in meno di un anno ha collezionato 28 dischi di platino, 7 dischi d’oro, un miliardo di streaming totali ed è il secondo artista del 2021 più ascoltato su Spotify, grazie anche al successo del suo album d’esordio Blu Celeste certificato Triplo platino. «Se penso che su quel palco c'è stato Domenico Modugno, mi verrebbe da entrare e da baciare in terra prima di cantare - dice il diciannovenne -. È un grande onore essere lì». Per la serata delle cover si esibiranno con «Il cielo in una stanza» di Gino Paoli. «È supericonica, superitaliana. E poi porta un valore aggiunto al nostro brano. C'è uno strano fil rouge che collega i due pezzi. Il cielo è una forma di libertà infinita e vogliamo trasmettere su quel palco un po' di libertà».