SANREMO. Per Claudio Baglioni il festival di Sanremo è «un passaggio imprevisto e molto temerario» in una carriera ricca e gloriosa che dura da 50 anni. Al giro di boa della kermesse, l’ansia da prestazione si va attenuando e il direttore artistico o, come dice lui, 'dittatore artistico' appare più rilassato e sereno. Forte anche degli ascolti che hanno decretato il successo dell’avvio di questa edizione che ha cambiato le regole. Il travaglio iniziale «è durato un paio di settimane - racconta - quando ero indeciso se accettare o meno. Dicevo ripetutamente di no, mi richiamavano e alzavo le richieste pensando che così mi avrebbero detto no loro». E' andata diversamente e ha detto sì. «Non so perché... Ad un certo punto ho pensato 'non mi posso fare spaventare da questa cosa' ed ha accettato la sfida. Quello che sta accadendo, in termini di audience e di gradimento, «è superiore alle aspettative e la soddisfazione è quindi doppia, tripla, quadrupla, quintupla», gongola il cantautore. «La fase più tormentata dei mesi passati - racconta - è stata quella della scelta delle canzoni e degli artisti da ammettere alla gara». Su questo tema Claudio non nasconde qualche piccolo rimpianto e il dispiacere, anche ora che la nave è salpata, di aver dovuto lasciare a casa alcuni artisti validi. «Io faccio lo stesso mestiere - dice, lasciando intendere la difficoltà emotiva di questa scelta - e so che significa. Ognuno in quel momento è convinto di avere scritto la canzone più bella del mondo e non è stato facile, con la commissione, dover dire dei no. Ma io l’ho fatto e ci ho messo la faccia». Un buon motivo per rifare il festival il prossimo anno e richiamare alcuni artisti? «No - risponde - ho una lunga sequenza di impegni, al momento assolutamente no». Poi aggiunge: «Passata la festa, gabbato il santo. Vediamo fino a sabato che succede». Da Sanremo «sto imparando tante cose - racconta - e insieme ho cercato di portare le esperienze dei tour che ho fatto. Cerco anche di essere preciso, alcuni dicono pernicioso, ma non è facile lavorare con un ambiente molto diverso». Si è definito dittatore artistico, «ma i dittatori prima o poi vengono soppressi», scherza. «Non ho poteri per dirigere un mostro così complesso, cerchiamo di fare il meglio ogni sera. Per me è un’esperienza da ricordare, probabilmente una delle mie ultime. Vorrei fare il bagnino, mi piacciono il mare, il sole, il vento. E poi quest’anno faccio 50 anni di carriera, sono 50 anni dal festival del 1968, certi numeri corrispondono». Il suo buen ritiro resta Lampedusa, dove per 10 anni ha organizzato O'Scià, che «con un piccolo palco montato su una spiaggetta» è stato anche la sua palestra da conduttore: «Con il cast di Sanremo faremo un giretto da quelle parti, se non altro a livello amichevole per smaltire le fatiche del festival, poi qualcosa si inventerà». Vorrebbe che questo festival servisse anche a sensibilizzare sulla necessità di portare l’educazione nelle nostre vite. Ieri Biagio Antonacci ha indicato Baglioni come un campione di gentilezza. «Il linguaggio è sempre più violento con parole come 'asfaltato', 'distrutto'. Tutti seguaci del detto spaventoso 'fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce'. Spero - conclude Claudio - che possiamo ritrovare la gentilezza».