SANREMO. Dalla maratona Sanremo ha imparato innanzitutto «a dichiarare l'imbarazzo davanti alle telecamere, a uscire dal complesso di essere sempre adeguata: se inciampi, amen». Dall'esperienza di questa settimana porterebbe «a Mediaset un po' della coesione che c'è in Rai. È vero, la mia azienda è molto libera, ma è fatta di tante piccole fazioni».
Archiviato il festival dei record, che ha condotto con il 'fratello' Carlo Conti, Maria De Filippi tira le somme con lucidità ma anche con umiltà. E con una speranza, «essere 'arrivata' anche a chi mi conosceva meno e magari mi vedeva chiusa nella mia roccaforte. Per la gente sono sempre stata solo 'Maria' e anche qui sono rimasta me stessa».
All'Ariston ha portato il 'format De Filippi', la cifra del racconto, la gestualità pacata, l'ironia. «Non ho deciso i contenuti del festival. Gli eroi del quotidiano non erano un'idea mia. Ma poi, quando racconti una storia, lo fai attraverso i tuoi occhi. La contaminazione dei mondi, dei linguaggi, era dunque inevitabile: c'è sempre stata, ognuno porta qualcosa di se stesso, compresi i cantanti. L'importante, insomma, è non avere le 'facce da festival'».
Abituata a muoversi in assoluta autonomia («A Mediaset c'è più libertà che in Rai, per esempio nella scelta degli ospiti: la nostra macchina è molto più snella, meno burocratica, non c'è nulla che ci vieti di invitare chiunque»), a Sanremo ha dovuto «fare i conti con la grande macchina Rai: è come entrare tutt'un tratto a casa di qualcuno e partecipare a preparare la cena. All'inizio Carlo è stato bravissimo, con il suo gruppo, a mettermi a mio agio, ad accompagnarmi nel cammino. Il rimpianto? Con il senno di poi - ammette - se avessi avuto meno paura, mi sarei goduta di più anche la prima sera».
Il momento più emozionante, invece, «la testimonianza di nonno e nipote scampati dalla tragedia di Nizza. E poi mi sono venuti gli occhi lucidi quando sul palco è salita Rita Pavone».
Alcune canzoni del festival le sono sembrate «molto belle, Fiorella Mannoia è stata straordinaria, coraggiosa a venire in gara. Per le cover ha interpretato un brano non molto popolare di De Gregori, ma ha cantato quello che le piaceva cantare. I cantanti della sua levatura - insiste - dovrebbero avere il suo stesso coraggio di partecipare, anche se poi qualcuno dei talent li supera. Il festival è il risultato di un compromesso tra le necessità televisive e la vera musica.
Non dobbiamo fare il parallelo con il Telegatto (dove vai se hai nomination, altrimenti no). È un condizionamento che Sanremo non deve avere». Oltre alla Mannoia, tra i suoi brani preferiti cita Francesco Gabbani, Ermal Meta, Michel Bravi («Sono i primi quattro? Ah...») e lascia fuori i suoi Amici «non voglio parlare dei miei».
Il festival, ribadisce, è stato «un'esperienza straordinaria» che però ritiene conclusa, almeno per il momento. «Attualmente non ci penso a ripeterla». Le piacerebbe, intanto, «invitare un po' di artisti di Sanremo ad Amici, a cantare. Sarebbe giusto dare un po' di visibilità, per far girare le loro canzoni». Nell'immediato, però, ha un unico progetto: «Tornare a casa e andare a letto alle 21».
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