SANREMO. Panta rei, tutto scorre. Ma oggi no, perché per Francesco Gabbani è il momento di fermarsi a festeggiare la vittoria, arrivata un po' sorpresa contro ogni pronostico della vigilia, al festival di Sanremo. Il cantautore toscano, il primo a realizzare la doppietta consecutiva Nuove Proposte (l'anno scorso vinse con il tormentone Amen) e Campioni, è riuscito nell'impresa di battere i ragazzi dei talent, forti del televoto, i leoni della musica italiana, e soprattutto i pregiudizi contro la sua Occidentalìs Karma. Qualcuno lo ha già ribattezzato il rottamatore del festival. «No, no... non rottamo nessuno. Anzi, mi sono sentito molto in imbarazzo per aver vinto davanti a Fiorella Mannoia», ammette Gabbani che al momento della proclamazione si è inchinato davanti alla signora della musica, arrivata seconda. «Ero già contento del podio». Un testo «gabbaniano» pieno di riferimenti filosofici, «sì, sì, potete pure dire un'accozzaglia», ride sotto i baffi. «Però mi piacerebbe incuriosire chi mi ascolta. Vorrei che 'panta rei', divenisse lo spunto per un percorso di approfondimento culturale e eventualmente personale». Una vittoria, dedicata alla famiglia, che è arrivata così tanto a sorpresa che Gabbani non ha neanche un album pronto. «Eh.. è vero. Ci sto lavorando, arriverà in primavera e sarà un disco coerente con Occidentalìs Karma, non per la velocità del ritmo che sarà trasversale, ma per la lunghezza d'onda della sensazione di profonda leggerezza». Non lo spaventa la responsabilità di essere il vincitore di Sanremo, nè di rimanere imbrigliato nella definizione di «quello-che-ballava-con-la-scimmia» o dell'«artista-con-i-maglioncini-colorati», che gli son valsi l'ironia dei social. A spaventarlo di più è l'Eurovision Song Contest. «Mi toccherà ripassare l'inglese». «La vittoria mi porterà più visibilità ma anche la possibilità di far vedere che sono un musicista, non solo quello che fa balletto. Tre-quattro anni fa avevo mollato un pò il colpo, venivo da anni di tentativi per presentarmi come artista, ma i risultati non arrivavano e non mi andava più di sopportare lo sforzo», racconta il toscano, cantautore ma anche polistrumentista, che non ha mai abbandonato l'idea che «la musica fosse un modo di esprimermi nella vita e di comunicare. Ora vedremo vivendo, quello che succede: sono molto karmico e orientale, non sono concentrato sul fatto di dover dimostrare qualcosa a qualcuno». Quando l'anno scorso è arrivato il festival «è stato un pò per caso, l'ho vissuto in maniera molto serena, perchè comunque ero e sono appagato della mia quotidianità». Il dubbio che la scimmia potesse rubargli la scena lo ha sfiorato e «in alcuni momenti mi sono chiesto... 'cosa sto facendò?», ma quello - ribadisce - «è un elemento sdrammatizzante e simpatico, e il brano è autonomo da quello». Non nasconde che ad ispirarlo sono stati Daniele Silvestri con Salirò e Lucio Dalla con Attenti al Lupo. Silvestri e Dalla, insieme a Franco Battiato, sono anche i nomi che cita per i suoi dischi «più consumati», ma «non sono fissato con genere o un artista. Sono un onnivoro della musica».