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Assistenza domiciliare integrata in Sicilia sotto la soglia minima nazionale, Trizzino: «Occorre un intervento immediato»

Il fondatore della Samot: «Serve un piano di riforma strutturale attraverso investimenti in infrastrutture e personale»

giorgio trizzino

Il raggiungimento degli obiettivi nazionali sull’assistenza domiciliare integrata è condizionato da rilevanti differenze regionali. I dati più preoccupanti si registrano al Sud e in Valle d’Aosta. La situazione dell’assistenza domiciliare integrata in Sicilia, nello specifico, raggiunge un punteggio di 58,04, ben al di sotto della soglia minima nazionale, come è riportato dagli ultimi dati resi noti dal ministero della Salute. Una situazione che denota una grave carenza nei servizi essenziali destinati ai cittadini, in particolare agli anziani e alle persone non autosufficienti.

«Questa carenza non solo influisce negativamente sulla salute e sul benessere degli individui coinvolti, - sottolinea Giorgio Trizzino, fondatore della Samot - ma mette anche a dura prova le famiglie che, spesso, devono colmare le lacune lasciate dal sistema sanitario. È evidente che la regione necessita di un intervento urgente e mirato per potenziare l’assistenza domiciliare integrata e garantire che i servizi sociosanitari siano diffusi in maniera capillare e accessibile su tutto il territorio. Questo richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni regionali e nazionali, insieme ad un maggiore coinvolgimento del settore non profit che già contribuisce in maniera significativa in questo ambito».

Il bisogno di assistenza domiciliare agli anziani è enorme in tutta Italia: nei prossimi 20 anni si stima saranno all’incirca 6 milioni gli over 65 soli e a rischio di isolamento (dati Italia Longeva). Si vive di più ma spesso con malattie croniche. L’assistenza domiciliare integrata è cruciale per garantire una qualità di vita dignitosa alle persone che necessitano di cure continuative ma che preferiscono, o sono costrette, a restare a casa.

In Sicilia, in particolare, senza un miglioramento tangibile, si rischia di continuare a lasciare indietro una parte significativa della sua popolazione, con conseguenze sociali ed economiche gravi e durature come analizza Trizzino: «Questa disuguaglianza territoriale rischia di accentuare le disuguaglianze sociali all’interno della stessa regione e può al tempo stesso sovraccaricare ulteriormente il sistema ospedaliero siciliano, già messo a dura prova da una gestione spesso inefficiente e da risorse limitate. Quando l’assistenza a domicilio è inadeguata o assente, i pazienti e le loro famiglie si vedono costretti a ricorrere agli ospedali anche per problematiche che potrebbero essere gestite più efficacemente e a minor costo sul territorio. Questo non solo influisce negativamente sui pazienti, che potrebbero evitare ricoveri ospedalieri inutili, ma contribuisce anche alla congestione dei servizi ospedalieri, con un impatto sulla qualità delle cure offerte».

Occorre quindi «un piano di riforma strutturale che metta al centro l’assistenza territoriale attraverso investimenti in infrastrutture e personale e attraverso una revisione dei modelli organizzativi e di gestione delle risorse. In questo contesto è fondamentale il settore non profit che svolge già un ruolo cruciale nel colmare le lacune dell’assistenza domiciliare integrata, ma non può sostituirsi alle responsabilità del sistema pubblico - conclude Trizzino -. Un maggiore coordinamento tra le istituzioni regionali e le organizzazioni non profit potrebbe portare a una più efficace distribuzione dei servizi e a un miglior utilizzo delle risorse disponibili. Inoltre, il coinvolgimento attivo delle comunità locali potrebbe favorire lo sviluppo di modelli di assistenza più personalizzati e rispondenti ai bisogni specifici del territorio».

 

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