Domenica 22 Dicembre 2024

Omicron 5, spunta un nuovo sintomo che compare prima di febbre e mal di gola

Crescono i casi di Coronavirus e aumentano le persone contagiate da Omicron 5. La sottovariante sta prendendo sempre più il sopravvento ed è frequente un nuovo sintomo che si avverte prima della comparsa di febbre e mal di gola.

Omicron 5, casi in crescita

Come si evince dal bollettino quotidiano i dati sono sempre in crescita e ciò conferma come si tratti della versione più contagiosa del virus. Anche la curva di ricoveri e decessi è purtroppo in lenta risalita e per fronteggiare questa crescita è stato anche dato il via libera da parte delle autorità alla quarta vaccinazione per gli over 60, in attesa dei sieri anti-Omicron che dovrebbero vedere la luce in autunno.

Omicron 5, i sintomi

I sintomi più comuni di Omicron 5 sono febbre, anche alta, ma in genere solo per alcuni giorni, congestione nasale, mal di gola e stanchezza. Meno frequenti problemi a bronchi e polmoni, perdita di gusto e olfatto. Ci sono altri sintomi già presenti dal giorno zero del contagio e sono dolori muscolari e articolari.

Omicron 5, il nuovo sintomo

Ci sono sempre più pazienti che lamentano mialgie, in particolare a carico delle gambe, sindrome delle gambe senza riposo. I dolori sono localizzati alle ginocchia, alle cosce e ai polpacci ma non vengono segnalati immediatamente al medico di famiglia. Sorgono prima della comparsa di febbre e mal di gola ma non vengono presi in considerazione dai pazienti.

Omicron 5, long Covid in pochi casi

Secondo quanto riporta uno studio condotto al King’s College di Londra, Omicron 5 causerebbe sempre meno spesso il long Covid. Gli scienziati inglesi hanno scoperto, usando i dati raccolti attraverso l’applicazione di monitoraggio Zoe, che le probabilità di sviluppare la sindrome post contagio sono molto diverse dal passato. Tra i cittadini del Regno Unito, durante l’attuale ondata di Omicron, sarebbe stata riscontrata un’incidenza di long Covid tra il 20% e il 50% inferiore rispetto al periodo in cui la variante dominante era la Delta. Influiscono, però, l’età (più bassa adesso) e lo stato vaccinale (più popolazione che ha ricevuto il siero).

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