Armi inedite contro Covid-19 stanno prendendo forma grazie a una nuova 'fucina' biotech tutta italiana: si tratta di un’innovativa piattaforma tecnologica per la produzione di piccoli frammenti di proteine ('peptidi') che agiscono in maniera mirata come proiettili. Alcuni sono già andati a segno nei test preliminari su cellule e modelli animali, tanto che presto potrebbero trasformarsi in farmaci per sbarrare la porta al virus SarsCoV2, e in vaccini sublinguali a basso costo contro le varianti. Il risultato è pubblicato sulla rivista Viruses da Università di Roma Tor Vergata, Università di Catanzaro, IFO e CNR di Roma, in collaborazione con Università di Toronto (Canada) e Renown Health (Stati Uniti). Lo studio, sostenuto da Fondazione Roma e dal Ministero dell’Università e della Ricerca, è cominciato nella primavera del 2020, quando lo scoppio della pandemia ha evidenziato l'urgenza di accelerare la ricerca di nuovi farmaci e vaccini. Nel giro di pochi mesi, virologi, immunologi, farmacologi, genetisti e bioinformatici hanno unito le loro competenze e hanno messo a punto un mix di tecnologie per lo sviluppo di peptidi. «Sono minuscole catene di aminoacidi che agiscono come farmaci specifici, con minore tossicità e limitati effetti collaterali: attualmente ci sono più di 400 farmaci a base di peptidi in sviluppo nel mondo e oltre 60 già approvati per l’uso clinico», spiega all’Ansa il genetista Giuseppe Novelli dell’Università di Roma Tor-Vergata. «I peptidi sono molto promettenti anche contro Covid-19: potrebbero costituire una nuova classe di farmaci contro SarsCoV2 e potrebbero aiutare lo sviluppo di nuovi vaccini e anticorpi monoclonali». Muovendosi in questa direzione, i ricercatori sono già riusciti a individuare una serie di peptidi in grado di inibire l'ingresso del virus SarsCoV2 nelle cellule umane attraverso il recettore DPP4 (l'altra porta d’entrata oltre al recettore ACE-2). «Test in vitro sulle cellule ci hanno confermato che potrebbero essere usati come farmaci anti-Covid, i primi di natura peptidica», sottolinea Novelli. «Abbiamo inoltre individuato alcune regioni della proteina virale Spike che non mutano facilmente e che possono essere alla base di una nuova generazione di vaccini: inoculate nei topi, sotto forma di piccoli peptidi, hanno stimolato la produzione di anticorpi con titoli elevati e ottima capacità neutralizzante contro le varianti del virus». «L'ausilio di tecnologie innovative e di bioinformatica adottate nella piattaforma permette di accelerare l'identificazione di nuove molecole target attive contro i recettori virali», commenta Stefano Alcaro dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. «La tecnologia utilizzata è dinamica e flessibile - aggiunge Gennaro Citro, ex dirigente IFO e coautore dello studio - e potrà essere impiegata in futuro per sviluppare rapidamente farmaci innovativi basati sui peptidi anche contro altri agenti pandemici».