Giovedì 19 Dicembre 2024

Covid, mancanza di interferone responsabile delle forme più gravi

Un consorzio internazionale di ricercatori, coordinati dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), dalla Rockefeller University (New York) e dalla Università di Parigi, ha descritto il ruolo essenziale degli interferoni nella corretta risposta immunitaria alla malattia: soggetti che presentano anticorpi che neutralizzano tali molecole (autoanticorpi) o difetti genetici che ne condizionano l’espressione tendono a sviluppare forme particolarmente gravi di malattia. I risultati contribuiscono anche a spiegare la ragione per cui i soggetti di età più avanzata sono più suscettibili alle forme più severe di Covid-19. Negli studi pubblicati su Science immunology gli autoanticorpi che neutralizzano gli interferoni di tipo I aumentano di prevalenza oltre i 60 anni di età e sono alla base di circa il 20% di tutti i casi fatali di COVID-19. Il dato molto importante che emerge dalla ricerca è che la presenza di autoanticorpi precede l’insorgenza di Covid-19. «Questi risultati - concludono Bonfanti e Biondi - potrebbero avere implicazioni terapeutiche molto importanti: anzitutto la ricerca degli anticorpi anti-inteferone potrebbe divenire un test di screening vista la discreta frequenza di questi autoanticorpi nella popolazione generale con il progredire dell’età. In secondo luogo, i pazienti con autoanticorpi contro l’interferone di tipo I dovrebbero essere vaccinati contro COVID-19 prioritariamente. Ed infine, in caso di infezione da SARS-CoV-2, le persone non ancora vaccinate in cui fosse rilevata la presenza di questi autoanticorpi, dovrebbero essere ricoverate in ospedale per una corretta gestione clinica. Il trattamento precoce con anticorpi monoclonali potrebbe essere somministrato in questi pazienti prima che compaiono sintomi di polmonite da COVID-19».

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