Per chi ha avuto il Covid ed è guarito si prospetta la possibilità di un’unica dose dopo un anno. Ad un anno dall’avvenuta guarigione dalla Covid-19, infatti, è probabile che si conservi una certa copertura immunitaria ed è dunque probabilmente ancora sufficiente una singola dose di vaccino anti-SarsCoV2. È la valutazione di Massimo Andreoni, direttore di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma a fronte della confusione e diversità di orientamento rilevata in vari Hub vaccinali rispetto alla immunizzazione dei soggetti guariti da Covid. Per la categoria dei 'guariti', che sono oggi in Italia oltre 4 milioni, vale l’indicazione della circolare del ministero della Salute, che prevede una unica somministrazione di vaccino da effettuarsi a tre-sei mesi dall’avvenuta guarigione. In realtà, spiega Andreoni all’Ansa, «c'è molta confusione ed anche un certo grado di variabilità: ci sono cioè dei centri vaccinali che si stanno attenendo alle indicazioni della circolare ministeriale di fare una sola dose di vaccino nei soggetti che hanno già avuto l’infezione o la malattia da Covid-19 , mentre in altri casi tale indicazione non viene seguita». Questo perchè magari il soggetto, rileva, «arriva al momento della vaccinazione essendo trascorsi più di sei mesi dall’avvenuta guarigione e il vaccinatore può ritenere di fare la seconda dose. In altri casi, invece, la circolare è semplicemente un po' disattesa». Va fatta dunque chiarezza, afferma l’esperto: «Ritengo giusto che il soggetto che ha avuto l’infezione da SarsCoV2 debba fare un’unica dose di vaccino. Infatti, la prima dose del vaccino serve in qualche modo a preparare l’immunità e la seconda serve a richiamare questa preparazione ovvero a consolidarla. L’infezione naturale, però, fa esattamente quello che fa la prima dose vaccinale». Quindi nel caso di chi sia guarito da Covid, «la prima dose fa direttamente da richiamo». «Ritengo - dice - che fino ad un anno dalla malattia la singola dose sia sufficiente». Infatti, anche se la circolare ministeriale indica la tempistica di sei mesi dalla guarigione, rileva, «nuovi dati sono continuamente all’esame ed oggi sappiamo che vari soggetti a oltre 7-8 mesi dall’avvenuta guarigione possiedono ancora una buona immunità nei confronti del virus. Quindi probabilmente il limite dei sei mesi è troppo basso». È però anche vero che ci sono tantissime persone che hanno avuto l’infezione senza saperlo ed hanno fatto la vaccinazione con prima e seconda dose. In questo caso, tranquillizza l’infettivologo, «non c'è comunque il rischio di eventi avversi gravi, tant'è vero che non è prevista un’indicazione a fare il test sierologico prima della vaccinazione, ma si possono avere delle reazioni cosiddette da 'immuno-complessi'». Sul distanziamento invece delle due dosi per i vaccini Pfizer, Moderna e AstraZeneca, il presidente Aifa, Palù, chiarisce che «portare l’mRna a 42 giorni è stato fatto in maniera razionale e non perdiamo nulla da questo punto di vista. Per AstraZeneca allungando fino alla 12a settimana si ha ancora una risposta ottimale». Mentre per la variante indiana di cui si stanno sviluppando dei cluster in Gran Bretagna, in Italia al momento «è sotto all’1%». Intanto è in dirittura d’arrivo l’ok in Italia, dopo il via libera dell’Ema, al vaccino Pfizer per i 12-15 enni da parte dell’Agenzia italiana del farmaco, «al massimo lunedì», dice il presidente di Aifa.