I sintomi del Long Covid colpiscono anche i pazienti più piccoli. E circa un bambino su 3, a distanza di mesi dalla fase acuta della malattia, sembra avere ancora almeno un sintomo, dal mal di testa all’insonnia. A dimostrare che gli effetti del Covid possono permanere a lungo anche nei più piccoli e probabilmente con frequenza maggiore che nell’adulto, è uno studio italiano pubblicato in preprint su MedRxiv e sottomesso alla rivista Acta Pediatrica.
Mentre per gli adulti sono stati fatti molti studi sui problemi di salute che a volte si prolungano anche per mesi dopo l'infezione da Sars Cov-2, sul Long Covid pediatrico mancano dati e l’unica analisi finora disponibile era un’articolo di ricercatori del Karolinska Institutet che aveva individuato il problema in 5 ragazzini svedesi (in 4 casi femmine e con età media di 12 anni). Primo al mondo del suo genere, lo studio italiano, condotto dal Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs in collaborazione con la Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp) Roma, ha preso in esame una coorte di 129 bambini tra 5 e 18 anni con diagnosi di Covid-19 e valutati durante la prima e la seconda ondata pandemica.
La maggior parte di loro aveva avuto sintomi lievi di Covid al momento della diagnosi e 33 erano stati asintomatici. Del gruppo iniziale 68 sono stati valutati anche a distanza di 120 giorni e il 51% riportava ancora almeno un sintomo, e i più frequenti erano dolori muscolari o articolari, cefalea, disturbi del sonno, dolore toracico, dispnea, palpitazioni.
In media 5 mesi dopo la diagnosi, solo il 42% si era completamente ripreso e circa un bambino su 3 aveva ancora almeno un sintomo. «I sintomi - spiega all’ANSA il primo autore Danilo Buonsenso, infettivologo del Reparto di Pediatria del Gemelli - sono stati riportati dai genitori attraverso interviste telefoniche e sono stati descritti anche in bambini che non hanno avuto bisogno di ricovero per Covid e in alcuni casi anche in quelli che avevano avuto forme asintomatiche. Inoltre, sembrerebbe si verifichino in una percentuale maggiore rispetto agli adulti». In materia, precisa, «mancano dati, anche per questo lo studio, pur se su un campione piccolo di pazienti, ha avuto forte risonanza a livello internazionale». «Ad avere avuto sintomi a distanza di tempo - spiega Teresa Rongai, segretario Fimp Roma - sono stati più spesso i bambini un pò più grandi, dagli 8 anni in su. Questi casi, non hanno nulla a che fare con la sindrome infiammatoria sistemica, che è una rara forma acuta post Covid.
Piuttosto si tratta di una cronicizzazione dei sintomi, in genere non gravi, che permangono in modo simile a quanto accade negli adulti. In alcuni casi, inoltre, si tratta di aspetti psicologici collegati anche ad ansia e stress, che possono derivare anche dall’isolamento imposto dalla malattia». Certo è che sul tema c'è ancora molto da conoscere. «E' noto che anche altre infezioni virali, come alcune forme influenzali o la mononucleosi, possono avere strascichi lunghi, ma le evidenze emerse sulla Covid sono un campanello d’allarme e vanno approfondite. Per questo - conclude Rongai - stiamo già studiando un campione più ampio di pazienti».
(ANSA)
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