Carica virale più bassa, radiazioni Uva e temperature più alte. E ancora: effetti del lockdown, mascherina e distanziamento sociale. A cui si deve aggiungere anche un numero di tamponi più alto, molti effettuati sugli asintomatici. Sono molteplici i fattori che potrebbero aver determinato un numero minore di infezioni gravi, anche in persone notoriamente più a rischio, come anziani e obesi. Lo spiegano all’AGI i virologi Giorgio Palù, microbiologo presso l’Università di Padova, e Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università degli Studi di Milano.
«Ci sono studi i quali suggeriscono che la carica virale può essere determinante per la gravità dell’infezione», osserva Pregliasco. «E in questa nuova fase della pandemia in Italia la carica virale si è abbassata significativamente rispetto al primo periodo», conferma Palù.
«Questo abbassamento è legato da un lato agli effetti del lockdown e di tutte le misure di prevenzione, dall’altro è associato all’estate, cioè alle temperature più elevate e alle radiazioni UVA che sappiamo essere letali per il virus», aggiunge. «Non è quindi il virus a essere cambiato», sottolinea Pregliasco. «Dal punto di vista genetico - precisa Palù - è sempre lo stesso. A essere cambiato invece è l’ambiente che lo circonda che rende più difficile il passaggio di cariche alte da una persona all’altra». Importanti poi sono anche altri fattori soggettivi, strettamente legati alla gravità dell’infezione.
«In primis la suscettibilità individuale», dice Pregliasco. «Oltre alla presenza di comorbidità, notoriamente associate a casi più gravi, gioca un ruolo importante anche il sistema immunitario che non è lo stesso per tutti. Ci sono studi - continua - secondo i quali le infezioni gravi sarebbero associate a una risposta eccessiva da parte del sistema immunitario».
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