Il coronavirus sta mutando per potersi adattare meglio all'uomo. A questa conclusione è giunto un studio pubblicato sulla rivista Infection, Genetics and Evolution da un gruppo di ricercatori guidato da Francois Belloux, dell’Istituto di Genetica dell’University College di Londra.
I ricercatori hanno analizzato 7666 sequenze di Sars-CoV-2 provenienti da numerosi Paesi appartenenti a varie aree geografiche e hanno osservato almeno 198 mutazioni emerse in modo indipendente (appunto omoplasie). Quasi l’80% delle mutazioni ricorrenti ha prodotto cambiamenti a livello di proteine, suggerendo un possibile adattamento in corso di SARS-CoV-2.
Le mutazioni, hanno notato i ricercatori, si sono concentrate in almeno 4 siti specifici di cui uno è la proteina Spike, quella che il virus usa per agganciarsi alle cellule umane. E ciò ha fatto pensare ad un adattamento del virus all'ospite umano. "Il fatto che in questi siti ci siano più di 15 mutazioni, può indicare un’evoluzione convergente e sono di particolare interesse nel contesto dell’adattamento della SARS-CoV-2 all’uomo", si legge nell’articolo.
«L'evoluzione del virus - spiega Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta - sarebbe caratterizzata da omoplasia, ovvero il fenomeno per cui un virus muta in modo 'indipendentemente simile" nelle diverse aree geografiche senza un progenitore comune», scrive Silvestri su Facebook, spiegando che la presenza di omoplasia tanto marcata porterebbe evidenza scientifica, «indiretta ma solidissima», a favore dell’ipotesi di un rapido, progressivo e convergente adattamento del virus all’ospite umano.
«Siccome i dati globali sulla letalità cruda di COVID-19 indicano che questa diminuisce col tempo in ogni sito epidemico, e siccome la maggior parte degli adattamenti virus-host vanno nella direzione di una ridotta patogenicità, è plausibile avallare l’ipotesi che tale pattern di mutazioni porterà a un fenotipo virale a virulenza attenuata», prosegue l’esperto.
«Questo lavoro è interessante e il fenomeno a cui si fa riferimento è ben noto, si tratta di 'convergenza evolutivà ed è un comportamento comune tra i virus», commenta Giuseppe Novelli, genetista presso l’Università di Roma Tor Vergata.
«L'omoplasia riguarda sostanzialmente il fatto che nell’evoluzione alcune strutture biologicamente diverse, come le ali dei mammiferi, ad esempio i pipistrelli, e le ali degli uccelli, raggiungono lo stesso scopo, anche se provengono geneticamente da condizioni differenti. L’omoplasia è quindi una sorta di convergenza evolutiva di una diversa origine biologica», continua Novelli.
«Il virus cerca di raggiungere l’omoplasia mutando, e soprattutto ricombinandosi per conservare determinate mutazioni che consentono la convivenza con l’ospite il più a lungo possibile. Questo è ciò che sta accadendo, ma non è nulla di anomalo, è un comportamento normale per i virus», conclude il genetista.
Caricamento commenti
Commenta la notizia