Giovedì 19 Dicembre 2024

Celiachia, scoperti virus complici della malattia: sono asintomatici

ROMA. Anche un virus potrebbe avere un ruolo nella celiachia (intolleranza alla proteina del grano, il glutine): si tratta di un virus di per sé asintomatico che sembrerebbe ridurre la tolleranza naturale dell'organismo per la molecola. Lo suggerisce uno studio sulla rivista Science condotto tra università di Chicago e University of Pittsburgh School of Medicine che potrebbe gettare le basi per un vaccino preventivo da somministrare a bambini ad alto rischio di celiachia. Lo studio vede tra gli autori anche l'italiana Valentina Discepolo dell'Università di Chicago e Università Federico II di Napoli. La celiachia è una malattia autoimmune: le difese immunitarie del paziente, impropriamente ''risvegliate'' dal glutine, vanno a danneggiare le pareti dell'intestino. In questo lavoro sono stati studiati i Reovirus, che - spiega uno degli autori Terence Dermody - sono una comune famiglia di virus che infettano quasi tutti gli esseri umani durante la loro vita. La maggior parte delle persone risultano infettate già in età prescolare. Tali infezioni raramente causano una malattia''. Gli esperti hanno testato due ceppi di reovirus su topi vedendo che solo uno dei due è in grado di ridurre la tolleranza al glutine e quindi scatenare lo sviluppo della celiachia. L'infezione con questo virus induce una reazione infiammatoria intestinale e la perdita della tolleranza al glutine nella bocca. Gli esperti hanno poi visto che pazienti celiaci presentano nel sangue una quantità eccessiva di anticorpi specifici contro i reovirus e che questi pazienti presentano anche una quantità eccessiva della molecola 'IRF1', coinvolta nella perdita di tolleranza al glutine nella bocca. "I nostri dati suggeriscono che in bambini ad alto rischio di celiachia (con familiari malati) l'infezione da reovirus al momento dell'introduzione del glutine nella dieta (durante lo svezzamento) potrebbe scatenare una reazione immunologica al glutine culminando nella malattia", conclude Dermody.

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