ROMA. Sono aumentati di oltre il 100% in meno di mezzo secolo i casi di melanoma. Ma sono aumentate anche le chance di tenerlo 'sotto controllo' con l'immunoncologia, grazie alla quale il 35% dei pazienti che presenta la malattia in stadio avanzato è vivo a 5 anni dalla diagnosi.
A fare il punto sulle nuove terapie, il Master «Management del paziente con melanoma dalla ricerca alla terapia», che si è aperto all'Istituto Dermopatico dell'Immacolata (Idi) di Roma e organizzato dall'Intergruppo Melanoma Italiano (Imi).
Inoltre, l'efficacia di uno screening per il melanoma diffuso nella popolazione dimezza il rischio di mortalità.
Questo aggressivo tumore cutaneo «continua a crescere con un'incidenza del 3% annuo», sottolinea il team di ricercatori dell'Università del Texas, che non esita a definirlo 'vero e proprio problema di salute pubblica'. Ad esser stati arruolati, per il progetto denominato SCREEN, sono stati oltre 360mila cittadini tedeschi (praticamente il 20% degli adulti dello Schleswig-Holstein, Land nel Nord della Germania).
Tutti, tra il 2003 e il 2004, sono stati sottoposti a controlli e a campagne di informazione sui fattori di rischio e sui segnali indicativi della malattia.
In questo macrogruppo, nel 2009, 5 anni dopo il termine del progetto, i tassi di mortalità per melanoma risultavano diminuiti del 48%, se comparati con quelli storici relativi a quest'area.
E la percentuale di diagnosi in stadio iniziale era passata dal 52% al 64%.
«Quello per il melanoma è uno screening a basso impatto economico - commenta Paolo Marchetti, Direttore dell'Oncologia Medica all'Ospedale
Sant'Andrea di Roma - ma con risultati estremamente importanti, perchè riconosce questo tumore in una fase in cui basta la sola chirurgia a guarirlo. Andrebbe introdotto tra le politiche di prevenzione sanitaria rivolte a tutta la popolazione».
Frequente negli uomini come nelle donne, e sempre più spesso fra i giovani, in 45 anni questo tumore ha registrato il +103% di casi: erano circa mille nel 1970, nel 2015 ben 11.300.
Fino a pochi anni fa, spiega Paola Queirolo, presidente Imi e responsabile del Disease Management Team Melanoma e Tumori cutanei all'Irccs San Martino di Genova, «la sopravvivenza mediana in stadio metastatico era di appena 6 mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%».
Oggi, invece, «anche se la diagnosi avviene in fase avanzata, abbiamo armi efficaci per tenere sotto controllo la malattia a lungo termine»: da un lato le terapie a bersaglio molecolare, utilizzate in pazienti che presentano la mutazione del gene BRAF, dall'altro l'immuno-oncologia. In particolare, gli anticorpi immunomodulanti, come nivolumab, hanno evidenziato nei casi di malattia avanzata un tasso di sopravvivenza a un anno in oltre il 70% dei pazienti. Ma «la novità - precisa Paolo Marchetti Direttore dell'Oncologia Medica all'Ospedale Sant'Andrea di Roma - è che la sopravvivenza è anche a lungo termine, con il 35% dei pazienti che è vivo a 5 anni e anche più».
La rivoluzione apportata da queste molecole, inoltre, conclude, ha aperto un 'nuovo mondo', «anche in termini di qualità di vita, grazie alla loro bassa tossicità».
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