MILANO. Rinasce dopo 40 anni, la speranza di poter utilizzare contro il cancro i cosiddetti farmaci 'anti-angiogenesi', quelli cioè che distruggono il tumore attaccando i piccoli vasi sanguigni che esso crea attorno sè per alimentarsi e crescere. Lo si deve a uno studio coordinato da Ugo Cavallaro, ricercatore del programma di Medicina Molecolare all'Istituto Europeo di Oncologia (IEO), e pubblicato sull'anteprima on-line del Journal of Clinical Investigation. Il gruppo di Cavallaro ha scoperto che L1, una molecola del sistema nervoso espressa anche sulla superficie endoteliale dei vasi delle cellule tumorali, può essere un nuovo bersaglio per farmaci anticancro. «I nostri risultati dimostrano che non solo questa molecola è presente in modo abbondante e specifico nei vasi sanguigni tumorali, mentre è quasi assente in quelli normali - spiega Cavallaro - ma anche che rappresenta un potenziale target terapeutico nel contesto di trattamenti diretti ai vasi stessi. L'inattivazione di L1 attraverso anticorpi o altri approcci, infatti, rallenta sensibilmente la crescita tumorale, ne riduce la vascolarizzazione e induce la 'normalizzazione' dei vasi tumorali, rendendoli più simili a quelli normali». Il ricercatore spiega che le modifiche strutturali e
funzionali che avvengono nel corso della normalizzazione vascolare migliorano il flusso sanguigno all'interno del tumore. «Ma anche se dal punto di vista terapeutico l'idea di rendere più funzionale la rete vascolare di un tumore può sembrare paradossale (in quanto aumenta l'apporto di ossigeno e nutrienti alle cellule cancerose) - continua Cavallaro - in realtà questo approccio potrebbe risolvere un problema molto comune nell'ambito delle chemioterapie convenzionali, ovvero la scarsa penetrazione dei farmaci in tutte le aree del tessuto neoplastico. L'inattivazione di L1 avrebbe così un doppio effetto: il blocco della vascolarizzazione e il potenziamento della chemioterapia o di altri trattamenti anti-tumorali». Al momento i risultati sono stati ottenuti nel modello animale. Le prossime fasi della ricerca prevedono il passaggio all'avatar - cioè in tumori umani che crescono nell'animale - e poi all'uomo.
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