Lunedì 23 Dicembre 2024

No dei cardiologi, polemica… accesa sulla sigaretta elettronica

Ci sono quelli che per smettere di fumare si inventano di tutto: “scalette” da tossicodipendente, orecchini taumaturgici, trucchi stupefacenti come quello di smettere di fumare sigarette vere e fumarne di... inesistenti: metti un mano in tasca, tiri fuori il nulla sotto forma di pacchetto, lo apri, tiri fuori un altro nulla sotto forma di sigaretta e un altro ancora sotto forma di accendino. Poi fai tutti i gesti, ma proprio tutti, del fumatore. In mezzo ci sta la sigaretta elettronica, simil-vizio oggi al centro di una polemica che vede in campo scienziati quasi Nobel, organizzazioni internazionali, burocrazie ministeriali, associazioni anti e proibizioniste. Ultimo round, e scusate se è poco, quello tra l’Organizzazione mondiale della sanità (contro) e un gruppo di scienziati fra i quali la stella polare della lotta al cancro ai polmoni, il professore Umberto Veronesi (a favore). E ieri è scesa in campo anche la Società italiana di cardiologia (contro) e l’Istituto superiore di sanità (contro anch’esso).
La polemica si è riaccesa qualche giorno fa quando l’Oms ha reso noto un documento in cui si sottolinea la necessità che gli stati nazionali controllino in senso restrittivo il ricorso alla sigaretta elettronica sostenendo che non solo non va bene per contrastare l’assuefazione ma che contiene sostanze nocive che non la rendono migliore di quella di tabacco. Umberto Veronesi, da tempo voce controcorrente in questo campo, ha gettato sul piatto la sua esperienza di “guru” nel campo dei tumori al polmone e ha firmato una lettera pubblicata tre giorni fa su molti quotidiani in difesa della E-Cig (Electronic Cigarette). La lettera, fra gli altri, è firmata anche da Carlo Cipolla, dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, Riccardo Polosa dell’Università di Catania e Umberto Tirelli, Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. Ieri si è fatto sentire Walter Ricciardi, commissario straordinario dell’Istituto superiore della sanità che ha condiviso la posizione allarmata dell’Oms e ha espresso il parere che la diffusione delle E.cig debba essere sottoposta a restrizioni. Gli ha fatto eco Matteo Di Biase, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic). Dice Di Biase: «La sigaretta elettronica fa comunque male, anche se meno di quelle tradizionali, e non risolve il problema della dipendenza». «Con l’E-Cig si assume comunque nicotina, e il rischio è quasi uguale a quelle tradizionali, almeno dal punto di vista cardiovascolare — sottolinea Di Biase a margine del congresso della società europea di Cardiologia a Barcellona —. Inoltre, a differenza delle sigarette, la quantità di sostanza contenuta non è definita, e si rischia di assumerne anche di più del normale. A questo si aggiunge il fatto che è proprio la nicotina a creare dipendenza, per cui se al fumatore si dà quella elettronica non si riuscirà a farlo smettere».
Di diverso avviso Veronesi e gli altri firmatari della lettera. «La posizione espressa sulla prestigiosa rivista a favore della sigaretta elettronica rispecchia la linea di pensiero che da anni promuoviamo in Italia e siamo felici che la rivista scientifica più autorevole al mondo sostenga le nostre stesse idee», ovvero che la E-Cig «è uno strumento efficace per contrastare la gravissima tragedia del cancro del polmone». «Forti della posizione di Nature — scrivono — rinnoviamo quindi a tutte le istituzioni l’invito, già presentato all’Oms con una lettera firmata da altri i 50 scienziati europei e americani, a non criminalizzare la sigaretta elettronica, e non lanciare allarmi e divieti basati su supposizioni, ma al contrario, promuoverne lo studio scientifico e l’utilizzo nella lotta al cancro e le malattie cardiovascolari».
«Il solo tumore del polmone provocato dal tabacco — sottolineano — uccide 2 milioni di persone all’anno nel mondo, di cui 40 mila in Italia. Se per ipotesi tutti fumatori di sigarette tradizionali passassero alla sigaretta senza tabacco si otterrebbe a breve una riduzione drastica di queste morti». «Chiarito questo punto fondamentale — aggiungono — si può aprire il dibattito se la sigaretta elettronica sia anche uno strumento di disassuefazione, come appare dai primi studi internazionali». E non mancano, nella lettera, i riferimenti agli interessi dei fabbricanti di sigarette e dei produttori di tabacco, una potentissima lobby internazionale. La sigaretta elettronica è stata fabbricata per la prima volta da un’azienda cinese di Hong Kong ed è stata “pensata” per soddisfare la parte, diciamo così, “rituale” del rischio: finta la sigaretta che contiene un piccolo serbatoio con alcune sostanze che vengono ridotte... in fumo, da un vaporizzatore alimentato da una batteria. Ma si fuma solo vapore acqueo “aromatizzato” e che può contenere (come no) anche una percentuale, a scelta, di nicotina. La sostanza che compone il vapore è una soluzione di glicole propilenico, glicerolo e nicotina. Quest’ultima, responsabile dell'assuefazione, può essere “gestita” dall’utente, che la può progressivamente diminuire. Il glicole propilenico e il glicerolo servono invece a dare densità al vapore e a favorire l’effetto cosiddetto “hit”, quello del colpo in gola che chi fuma conosce bene. La miscela di queste sostanze può essere variata per simulare gusto e consistenza delle sigarette di tabacco preferite prima di passare alla E-Cig. Due millilitri di soluzione equivalgono a un pacchetto da venti di sigarette normali. Ma a conti fatti il costo di un “pacchetto” di E-Cig è di poco più di un euro. La sigaretta elettronica eliminerebbe anche i rischi del fumo passivo. Ricerche effettuate, infatti, dimostrerebbero che nell’ambiente non viene liberata alcuna sostanza tossica e che l'aria di un luogo chiuso non viene alterata dalle emissioni. Ma, come si può capire, quella in corso è una vera “guerra” dove si mischiano interessi scientifici, industriali e commerciali a livello planetario. Ma non sarebbe meglio tornare al trucco della “sigaretta inesistente”?

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