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Via libera alla seconda vita delle Province, in Sicilia si tornerà al voto diretto in primavera

Annullate le elezioni di secondo grado fissate a dicembre, i commissari saranno prorogati

Palazzo Comitini (via Maqueda)

Il voto di secondo livello nelle ex Province, previsto per il 15 dicembre, è annullato. Come anticipato dal Giornale di Sicilia, la maggioranza di centrodestra ieri sera è riuscita a votare un emendamento alla riforma Urbanistica che ha come unico effetto quello di prorogare i commissari e rinviare le elezioni di secondo grado nei Liberi consorzi comunali e nelle Città metropolitane: già indette, con decreto del primo ottobre dal presidente della Regione, Renato Schifani, dopo venti giorni vengono fatte slittare «in una domenica compresa tra il 6 e il 27 aprile», recita la norma di due soli commi. Dopo una capigruppo fiume e una seduta incandescente, il testo passa con voto palese con 28 voti favorevoli e 22 contrari.

Ma facciamo un passo indietro. La maggioranza di centrodestra nei giorni scorsi aveva presentato un disegno di legge che ripristina l’elezione diretta dei vertici degli enti intermedi ma per potere riparlare di suffragio universale e aprire la strada alla nuova norma è stato necessario prima fermare quella che avrebbe portato al voto solo i sindaci e i consiglieri degli eredi delle vecchie Province.

In questo modo, i commissari verranno prorogati fino al primo marzo 2025, un giorno dopo la scadenza dei loro contratti e le elezioni di secondo livello slitteranno. Sala d’Ercole avrà più tempo, così, per approvare la nuova legge e le prossime elezioni, dopo l’approvazione del testo, potrebbero essere a suffragio universale. Consultazioni che si potrebbero svolgere contestualmente alle Amministrative di primavera.

«La settimana prossima il disegno di legge, che lunedì ha avuto il via libera in commissione Affari Istituzionali, verrà trasmesso alla Bilancio, per poi ritornare nella prima per il voto finale», spiega il presidente Ignazio Abbate, che aggiunge: «Devono essere i cittadini a scegliere i propri rappresentanti, come previsto nel programma Schifani fin dal primo momento».
Una vicenda, quella delle ex Province, iniziata con l’abolizione degli enti intermedi voluta due legislature e mezzo fa dall’allora presidente Rosario Crocetta. Ma il problema – spiega il centrodestra - non è politico ma di tempi troppo stretti. A Sala d’Ercole si è creato un ingorgo parlamentare, dopo mesi di stallo e di dolce far niente. Troppe le norme da discutere e portare a casa in pochi giorni e l’ipotesi di approvare la norma entro il 6 novembre è apparsa improponibile.

Dal 7 novembre, infatti, inizierà la sessione di bilancio, in cui si possono discutere solo i documenti di natura finanziaria. Le variazioni di Bilancio devono essere approvate entro il 5 novembre, mentre già il 7 la Finanziaria dovrà essere assegnata alle varie commissioni. Da qui la necessità di scongiurare il rischio del voto.
Sullo scranno di Sala d’Ercole favorevoli e contrari si alternano fino a tarda sera. Per il Pd con Michele Catanzaro «è una vergogna, un gioco di melina per non fare esprimere i sindaci e i consiglieri». Si potrebbe parlare di elezioni dirette solo se la Delrio fosse stata abolita, ma non è così». Antonello Cracolici, rivolto al centrodestra, attacca: «Non vi siete messi d’accordo su come spartirvi i presidenti degli enti. In più, temete il rischio che sindaci e consiglieri comunali minaccino la rielezione di moltissimi di voi nei collegi elettorali. State violando un principio sacro che è il voto».

Per Luigi Sunseri dei 5 Stelle: «La norma è anticostituzionale» e, rivolgendosi al presidente Gaetano Galvagno, incalza: «Lei non doveva farlo votare, perché il governo Meloni non ha previsto nulla per le ex Province e ad aprile non sarà possibile andare alle urne». Secca la replica del numero uno dell’Ars: «C’è un grandissimo velo di ipocrisia in molti interventi. Non è un emendamento dell’ultimo minuto, perché è stato concordato con l’opposizione».

Intanto, volti nuovi in arrivo nel gruppo dei 5 Stelle. Col giuramento a Sala d’Ercole, Lidia Adorno entra al posto di Martina Ardizzone, come stabilito dalla sentenza del Cga dopo il ricalcolo dei voti delle ultime regionali. «La mia grande ambizione è essere uno strumento nelle mani dei cittadini», conclude il neo deputato.

 

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