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L'elezione diretta nelle Province, i tecnici dell'Ars: è a rischio illegittimità costituzionale

Il servizio studi ricorda che 7 anni fa una norma simile fu impugnata in quanto contrastante con i principi recati dalla cosiddetta Delrio

Per il Servizio studi dell’Ars le norme del disegno di legge per la reintroduzione del voto diretto nelle ex Province «presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto riproduce sostanzialmente quella già a suo tempo approvata con la legge regionale 11 agosto 2017, n. 17, impugnata dal governo statale e poi dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 2018 in quanto contrastante con i principi recati dalla legge cosiddetta Delrio.

Il testo di legge è stato approvato ieri in commissione Affari istituzionali dell’Ars, dopo il passaggio in commissione Bilancio sarà pronto per l’aula.

La legge Delrio, osservano i tecnici dell’Ars, «impedisce al legislatore regionale di disciplinare la materia degli enti di area vasta in senso difforme dai principi recati dalla legge in questione, fatta salva la possibilità di intervenire per rimuovere la disparità tra città metropolitane e liberi consorzi riscontrata dalla Consulta e fatta oggetto di specifico monito nelle predette sentenze della Corte». «Anche in tal caso, però, il legislatore regionale potrebbe muoversi entro i limiti dei principi tracciati dalla legge n. 56 del 2014 - aggiungono i tecnici dell’Ars - ossia prevedendo anche per i sindaci metropolitani l’elezione di secondo grado, in luogo della coincidenza automatica tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano, al pari di quanto già previsto per i presidenti dei liberi consorzi dalla legge Delrio e dalle corrispondenti norme della legge regionale n. 15 del 2015».

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