Salvatore Requirez e Salvatore Lizzio avviati alla pensione. Giovanni Bologna verso il ruolo di segretario generale di Palazzo d’Orleans. Sono le prime mosse di una manovra di medio periodo con cui Renato Schifani si prepara a rivoluzionare la dirigenza regionale sia dal punto di vista degli assetti che da quello degli uomini da mettere nei posti chiave.
Nell’ultima riunione, la settimana scorsa, la giunta ha disposto di prolungare fino a fine anno l’incarico di Requirez al vertice dell’Osservatorio epidemiologico dell’assessorato alla Sanità. La stessa proroga, ma più lunga di qualche mese, è arrivata per Lizzio, oggi alla guida del dipartimento Infrastrutture.
Entrambi in età pensionabile, formalmente i due dirigenti resteranno in carica fino a quando non saranno completate le procedure per trovare i successori: cioè l’atto di interpello ed eventualmente la selezione dall’esterno.
In pratica però Palazzo d’Orleans ha preso tempo per arrivare fino a febbraio. Per quella data è prevista la scadenza del contratto di quasi tutti i più alti dirigenti della Regione. E nei piani di Schifani c’è un ricambio quasi totale degli attuali superburocrati. Una sorta di spoils system ritardato di due anni e mezzo.
Perché la manovra del presidente riesca è necessario però che l’Ars, la prossima settimana, approvi una legge di cui finora si è parlato pochissimo ma che avrà effetti rivoluzionari. Il testo è quello che riforma il sistema di nomine nella dirigenza regionale. La parte principale è quella che crea la fascia unica cancellando le attuali tre. L’effetto è evidente: oggi per andare a capo dei dipartimenti bisogna essere in prima fascia o al massimo nella seconda (ma al momento in questa categoria sono solo in 2). Quindi il panorama di scelta del presidente si restringe a un ventaglio di nomi abbastanza ristretto.
Con la fascia unica verrebbero automaticamente messi in condizione di essere nominati nei posti chiave anche gli attuali 700 direttori intermedi che si trovano per ora in terza categoria. La platea dei papabili si amplierebbe in modo enorme e lascerebbe ampi margini di manovra per azzerare l’odierno gotha della burocrazia.
C’è poi un secondo effetto della legge. Quello di neutralizzare una miccia accesa sotto traccia. Schifani ha da tempo avviato le procedure per concorsi che porteranno all’assunzione (anche) di un centinaio di nuovi dirigenti. Ma senza la riforma il presidente sarebbe costretto a reclutare in seconda fascia (la più vuota), dando di fatto ai neoassunti un ruolo e uno stipendio superiore a quello di dirigenti di lungo corso.
Da qui il pressing che Palazzo d’Orleans da settimane sta esercitando sull’Ars e sulla maggioranza per accelerare l’arrivo in aula della riforma. Previsto, appunto, per la prossima settimana.
Nel frattempo il presidente si trova costretto anche ad assegnare il più prestigioso degli incarichi dirigenziali, quello di segretario generale. La poltrona che rappresenta l’apice della carriera alla Regione è vuota da qualche giorno, da quando è scomparsa Maria Mattarella. Il favorito per la successione è Giovanni Bologna, che lascerebbe a sua volta l’incarico di capo dell’ufficio Legislativo e legale. A quel punto, complice il prossimo prepensionamento di Requirez e Lizzio, Schifani potrebbe fare un mini rimpasto che anticipa di appena qualche mese la rivoluzione frutto della riforma. Il tutto a patto che all’Ars, fra qualche giorno, non ci siano colpi di scena. Questo sarà infatti il primo voto «politico» da quando la maggioranza è andata in tilt sulle nomine ai vertici della sanità pubblica.
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