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L’Isola ha sete, serve un’accelerata: «Ancora al palo il 30% delle opere»

Il capo della protezione civile regionale Cocina pungola i Comuni lumaca, il ministro Musumeci bacchetta le Regioni: «Non hanno speso tutti i soldi disponibili»

Salvo Cocina al momento della partenza per Lampedusa

Da una parte, a Palermo, il pungolo di chi prova, ogni giorno, a imprimere accelerazioni sul Piano d’emergenza contro la crisi idrica che attanaglia la Sicilia, dall’altra, a Roma, le mezze bacchettate di chi vuol puntare prima di tutto sulla prevenzione, piuttosto che spegnere gli allarmi quando si presentano.

Parole e posizioni lungo l’asse governo regionale-esecutivo nazionale che hanno scandito, ieri, l’ennesima giornata calda sul fronte siccità, a cominciare dal ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, che nel presentare urbi et orbi il nuovo capo del «suo» Dipartimento, Fabio Ciciliano, rimarca come la lotta alla mancanza d’acqua «si fa quando l’acqua c’è», dunque «senza rincorrere le emergenze, con una pianificazione concreta, che richiederà anni, sia al Sud che al Centro-nord». Eppoi la tirata d'orecchie alle Regioni: «Non hanno speso tutti i soldi disponibili»

Da questa parte dello Stretto, invece, il capo della Protezione civile siciliana, Salvo Cocina, prova a segnare l’asticella raggiunta dal Piano d’emergenza siccità finanziato con una prima tranche di 20 milioni da Roma, evidenziando che, dopo il pungolo rivolto da Palazzo d’Orleans ai Comuni ritardatari, «le trivellazioni dei pozzi sono a buon punto, anche se», a spanne e per la reiterata inerzia di alcuni enti, «bisogna ancora avviare un 30% circa di cantieri».

Un servizio completo di Andrea D'Orazio sul Giornale di Sicilia in edicola oggi

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