Addio a Publio Fiori, democristiano di lungo corso (partito nel quale ha militato fino al suo scioglimento) che si è spento all’età di 86 anni. L’annuncio nell’Aula della Camera, di cui fu anche vicepresidente. La politica, a partire dalle istituzioni, lo ricorda con rispetto. Esponente della destra Dc, è stato sottosegretario alle Poste nel 1992, nel primo governo Amato, e sottosegretario alla sanità nell’esecutivo guidato da Carlo Azeglio Ciampi. Preso di mira dalle brigate rosse il 2 novembre 1977, quando un gruppo di fuoco gli tese un agguato, venne gravemente ferito alle gambe e al torace. Nel luglio del 1993, quando l’assemblea organizzativa della Democrazia Cristiana (guidata all’epoca da Mino Martinazzoli) sceglie di aprirsi verso i contributi della sinistra e del PDS, decide di abbandonare il partito. Fiori è situato sulle posizioni della destra-DC e sostiene che la tradizione democristiana non possa fondersi con quella post-comunista. La diatriba si apre principalmente negli ambienti romani dove, alle elezioni amministrative d’autunno sceglie di supportare la destra e la candidatura a sindaco di Gianfranco Fini, alla guida di un Movimento Sociale Italiano che aveva già iniziato quel rinnovamento liberaldemocratico che alcuni mesi più tardi lo porterà a confluire in Alleanza Nazionale. Così, nel 1995, con la svolta di Fiuggi, è tra i fondatori di AN, dopo essere stato ministro dei trasporti e della navigazione nel primo governo Berlusconi. In ogni caso, la storia politica in Alleanza Nazionale finisce nel 2005, in rotta di collisione con alcune scelte del leader Gianfranco Fini (in particolare per la posizione sul referendum in materia di fecondazione assistita). E il ritorno a posizioni centriste, con l’adesione alla Democrazia Cristiana per le Autonomie, partito fondato da Gianfranco Rotondi, di cui viene nominato presidente. Partito dal quale divorzierà dopo essere stato deferito al collegio dei probiviri con l’accusa di aver convocato illecitamente un congresso nazionale del partito. Un percorso sulle montagne russe quello di Fiori che tra l’altro è entrato anche nell’inchiesta sulla P2, accusato per molti anni di essere iscritto per molti anni a questa loggia fino a quando il tribunale di Roma, nel 2001, ne escluse l’appartenenza. Tutte queste vicissitudini non gli hanno mai fatto dimenticare il suo primo e unico vero amore politico, la Democrazia cristiana, tanto da portarlo a battezzare una “rifondazione Dc» di cui divenne, nel 2006, segretario nazionale per acclamazione, con Clelio Darida presidente del consiglio nazionale. Il nuovo partito si pone in atteggiamento critico nei confronti della sinistra e del governo Prodi II, schierandosi contro la finanziaria 2007. Il soggetto politico tuttavia non decolla e si vede costretto, per rafforzarsi, alla promozione di una federazione di partiti di ispirazione democristiana. Il 10 ottobre 2010 ed il 10 aprile 2011, il progetto prende vita con la celebrazione in Roma delle prime due assemblee nazionali dei movimenti di ispirazione cattolica e la nascita della Federazione Democristiana, con i Popolari Udeur di Clemente Mastella e la Democrazia Cristiana di Giuseppe Pizza.