Hanno sfilato per le strade della città, fino ad arrivare davanti alla prefettura di Latina per ricordare il loro amico e concittadino. Il nome di Satnam Singh è risuonato dalla periferia al centro di Latina, mentre la comunità indiana e i sindacati rilanciavano l’ennesimo appello alla giustizia e contro lo sfruttamento, contro quei datori di lavoro senza scrupoli disposti perfino ad abbandonare i propri operai in fin di vita dopo un incidente sul lavoro.
Satnam Singh, bracciante di 31 anni, è morto in seguito a un incidente sul lavoro nei campi di Latina. Il decesso per «dissanguamento dovuto alla recisione delle vene del braccio» rimasto incastrato nel macchinario avvolgi-plastica che gli ha amputato l'arto destro. In piazza c’era anche chi quel giorno, quando Satnam ha perso il braccio, ha visto tutto, inorridito dal comportamento del «proprietario» - come chiamano il datore di lavoro i braccianti - di fronte alla tragedia.
«Quando si è avvicinato ha iniziato a bestemmiare e a proferire minacce come “Dovete starvi zitti”», ha raccontato uno di loro. Quel silenzio che però oggi è stato rotto ancora una volta dalla comunità, così come avvenuto subito dopo la morte del bracciante trentunenne abbandonato davanti casa dopo l’amputazione di un braccio. «Vogliamo diritti sul lavoro. Vogliamo giustizia. Vogliamo che quello che è accaduto a Satnam non succeda più», ha detto il presidente della comunità indiana del Lazio, Gurmukh Sing.
Sul palco si sono alternati anche i rappresentanti sindacali chiedendo all’unisono più controlli e un più celere intervento da parte della macchina della giustizia. «Siamo qui - ha detto Enrica Mammucari, segretaria generale Uila-Uil - per dire basta all’illegalità. Per sconfiggere il caporalato bisogna intervenire su più piani. Le parti sociali, unite, insieme alle istituzioni possono dare un segnale forte per quella che è una lotta di civiltà». «Bisogna fare un potente investimento sulla prevenzione, sulla formazione e sull’informazione, affermando un principio che dovrebbe essere scontato ma in molti luoghi di lavoro non lo è: i lavoratori sono impegnati attraverso il lavoro per vivere, non per morire», sono state le parole del segretario della Cisl, Luigi Sbarra, durante un convegno dell’Ugl.
Chi non si dà pace è la famiglia del bracciante, oltre la moglie Soni anche il fratello e la madre che sono in India. La donna ha trovato il coraggio di affidare ad una videochiamata il suo urlo di dolore. «Voglio vedere il posto dove Satman è morto - ha detto -, voglio vedere il corpo di mio figlio. Voglio vedere l’uomo che l’ha abbandonato, non capisco come possa aver fatto questo».
Tutta la città di Latina si è stretta attorno alla famiglia di Satnam, con il comune pronto a indire il lutto cittadino una volta chiarite le modalità e la data dei funerali del bracciante. La famiglia è in contatto con l’ambasciata per poter riportare in India il corpo di Satnam. L’amministrazione comunale di Cisterna di Latina, invece, ha attivato un conto corrente sul quale raccogliere i fondi da destinare proprio a Soni e ai suoi cari.
E, proprio nella giornata del ricordo di Satnam, ancora due morti sul lavoro. Un operaio 64enne è caduto da un’impalcatura nel Palermitano mentre eseguiva dei lavori ristrutturazione, mentre un altro - di origine bengalese - è morto in ospedale dopo essere stato ricoverato in seguito ad una caduta nello stabilimento Fincantieri di Marghera, in provincia di Venezia, dovuta ad un malore.
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, parla di «un bollettino allarmante, incredibile e inaccettabile», mentre il Pd prepara la sua battaglia per riscrivere la Bossi-Fini. «Non averla modificata quando avrebbe potuto farlo fu un errore del centrosinistra», ammette la segretaria Elly Schlein. «Singh - ha concluso - è stato ucciso dallo sfruttamento, dal caporalato, dalla disumanità».
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