Lo sprint è partito poco dopo mezzanotte, quando la maggioranza ha dato il via libera alla seduta fiume: lavori tutti difilato, voti no stop fino a quello finale. Che è arrivato quasi otto ore più tardi, con l’approvazione definitiva alla Camera dell’Autonomia differenziata. E in Aula è successo un pò di tutto, applausi da una parte, urla «vergogna» dall’altra, tricolori e inno di Mameli dai banchi dell’opposizione, bandiere delle regioni e della serenissima che sventolavano dagli scranni della Lega. La riforma è passata con 172 sì, ma senza i voti dei tre deputati calabresi di Forza Italia: servivano «un ulteriore approfondimento e imprescindibili migliorie», hanno fatto sapere. «Più autonomia, più coesione, più sussidiarietà - ha invece esultato sui social la presidente del consiglio, Giorgia Meloni - Un passo avanti per costruire un’Italia più forte e più giusta. Avanti così, nel rispetto degli impegni presi con i cittadini». Reduci dalla prova della piazza, con la manifestazione a Roma contro le riforme, le opposizioni hanno annunciato una raccolta firme per il referendum abrogativo. Stavolta il campo largo al completo: Pd, M5s, Alleanza Verdi-Sinistra, Più Europa con le inedite adesioni di Azione e di Italia viva. «Meloni ha piegato la testa davanti ai ricatti della Lega. E meno male che diceva di non essere ricattabile - ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein - A questo punto cambino il nome in Brandelli d’Italia. O Fratelli di mezza Italia, visto che la stanno spaccando in due. Continueremo a batterci insieme alle altre opposizioni». Il controcanto sarà anche sui conti. Il capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia, ha chiesto che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti spieghi in Aula «come intendano andare avanti, visto che la legge è in vigore e non c’è un euro». Si sono associati Avs, Italia viva e M5s. «Le vostre dichiarazioni - gli ha risposto il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo - sono la dimostrazione plastica di quanto state rosicando». Nella notte, solo interventi delle opposizioni, che hanno cercato di tirarla più alle lunghe possibile, con tanto di citazioni di Pinocchio, della Vispa Teresa, della Divina Commedia. A voto ancora caldo, Conte ha scritto un post: «Spaccano l’Italia col favore delle tenebre, condannando il Sud e le aree più in difficoltà del Paese al peggioramento di sanità, istruzione, trasporti. Continueremo a contrastarli in tutti i modi: in Parlamento e nelle piazze». Anche per i leader di Avs, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, “il Parlamento e il Paese avrebbero meritato qualcosa di meglio che approvare lo Spacca Italia nella notte, tra lo sventolio vergognoso delle bandiere padane». La Lega ha esultato. Il gruppo ha posato nel cortile della Camera col padre della riforma, il ministro Roberto Calderoli, sventolando le bandiere delle regioni. Il segretario Matteo Salvini ha postato la foto: «Una giornata storica», ha scritto. «Mi tremano le gambe per l’emozione - ha detto Calderoli - Un voto che scrive una pagina di storia per tutto il Paese». Ma nella maggioranza qualche crepa si è vista. Quello di Forza Italia è stato il gruppo di centrodestra con la percentuale più bassa di partecipanti al voto (fra missioni e altro): il 51%. E gli azzurri eletti in Calabria - Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo - ci hanno tenuto a far sapere di non aver contribuito all’approvazione della riforma. Critico il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei: «Quello che dovevamo dire lo abbiamo detto, si vede che non ci hanno preso sul serio». E il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin: «L’autonomia differenziata sia attuata in maniera tale da non creare ulteriori squilibri». Licenziata l’Autonomia, torna in campo alla Camera il premierato. Ma, probabilmente, dovrà attendere. Perché il testo arriverà in commissione Affari costituzionali, la stessa che deve discutere la riforma della Giustizia, con la separazione delle carriere. Salvini ha avvertito: su quella «è fondamentale andare fino in fondo». «L’approvazione del regionalismo differenziato, grazie ai significativi miglioramenti normativi apportati da Forza Italia e recentemente anche con i suoi ordini del giorno, costituisce una importante sfida per il sistema delle autonomie. Una prova per rendere più giusta, più competitiva e più autonomista la nostra Repubblica. Per migliorare i servizi per i cittadini e le imprese». Lo dice il presidente della Regione siciliana e presidente del Consiglio nazionale di Forza Italia, Renato Schifani. «La Sicilia - prosegue - ha le carte in regola per partecipare a questa grande trasformazione, non solo perché è essa stessa il riferimento costituzionale dell’autonomia regionale sin dagli albori della Repubblica, ma anche perché adesso sta crescendo, incrementando Pil e investimenti, incrementando livelli di efficienza come dimostrato nel settore energetico. Emblematici i dati Svimez di oggi su crescita economica, investimenti produttivi ed esportazioni». «Il percorso attuativo del regionalismo differenziato approvato dal Parlamento - conclude il presidente - dovrà comunque garantire l’eguaglianza sostanziale, i livelli essenziali delle prestazioni e gli interventi di perequazione per superare i divari tra Nord e Sud e la marginalità insulare. Su questo vigileremo attivamente nella convinzione che istituzioni più giuste e più moderne siano ciò che i cittadini e le imprese chiedono».