Dighe agli sgoccioli, piano di emergenza in Sicilia: si attende il via libera dal ministro Musumeci
Il piano viaggia insieme a una relazione in cui sono evidenziati due passaggi che fanno tremare i polsi: il lago Fanaco vedrà esaurire le proprie scorte a metà luglio e l’Ancipa ai primi di ottobre costringendo alla sospensione dell’erogazione dell’acqua potabile nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Palermo e Trapani. Contemporaneamente si stanno già verificando danni per miliardi alle produzioni agricole. Così Palazzo d’Orleans ha illustrato alla Protezione Civile nazionale la situazione in Sicilia. Chiedendo il via libera immediato per spendere i 23 milioni già stanziati dallo Stato per fronteggiare la crisi idrica. È un piano, quello messo nero su bianco da Renato Schifani a Nello Musumeci, per chiudere la fase amministrativa che prevede, in estrema sintesi, l’acquisto di 10 nuove grandi autobotti e la riparazione di altre 77. E poi l’attivazione, riattivazione o lo scavo ex novo di 120 pozzi e 20 sorgenti. Il tutto insieme a una serie di interventi sulle reti di collegamento che hanno l’obiettivo di rendere disponibili le residue scorte idriche lì dove c’è più bisogno. Su questo piano Schifani attende il via libera del ministro Musumeci, che ha la competenza sulla Protezione Civile nazionale. Ma è un passaggio che a Palermo danno per scontato visto che il capo nazionale della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, e quello regionale Salvo Cocina hanno già «dialogato» sull’elenco di opere che adesso la Regione ha formalmente spedito a Roma. Nel dettaglio, per le autobotti verranno spesi 2 milioni e 296 mila euro, per i pozzi e le reti altri 21 milioni e 380 mila euro. Il totale porta appunto ai 23 milioni stanziati un mese fa dal governo nazionale insieme alla dichiarazione di stato di emergenza. Per quanto riguarda le autobotti, la maggior parte verrà impiegata nel Palermitano: sono 26, una delle quali nuova. E nel Messinese saranno 22 (una delle quali nuova). Poi ce ne saranno 11 nel Catanese, 8 nell’Agrigentino, 9 nel Trapanese, 5 nel Siracusano, 3 nel Ragusano, 2 nell’Ennese e una nel Nisseno. Per quanto riguarda gli interventi strutturali, l’investimento maggiore sarà nell’Agrigentino: 5 milioni e 829 mila euro con cui verranno realizzati, per esempio, il potenziamento di due sorgenti a Cammarata, la riattivazione di due pozzi a Ribera e tre a San Giovanni Gemini, la riattivazione di un pozzo con relativa condotta a Sciacca. In più a Castronovo di Sicilia verrà scavato un pozzo e realizzata una condotta che trasporterà l’acqua nell’acquedotto Voltano per un costo di 4 milioni e 350 mila euro. Nel Palermitano la situazione è più articolata. La relazione di Cocina e Schifani tratteggia due step di emergenza diversi: la provincia andrà a secco già ai primi di ottobre, quando saranno svuotati il Fanaco e l’Ancipa mentre la città resisterà fino a febbraio, quando verranno meno i laghi Poma, Rosamarina, Scanzano e Piana. Ovviamente è uno scenario disegnato al netto di nuove piogge (a patto che siano abbondanti) e interventi infrastrutturali. E su questi ultimi si concentra il piano del presidente della Regione che prevede, al di là dei 314 mila euro per le autobotti altri 4 milioni e 850 mila euro di investimenti. L’intervento principale, che costerà 3 milioni, prevede la riattivazione di vari pozzi a Sciara, Trabia, Santa Flavia e Casteldaccia e il collegamento con l’acquedotto di Palermo per sopperire alle carenze che subirà il capoluogo man mano che verranno meno le risorse degli invasi. Poi è prevista una nuova condotta per alimentare Sciara e gli altri paesi del lato ovest della provincia. Tutti gli interventi verranno gestiti dall’Amap. Nel Trapanese la spesa prevista è di 2 milioni e 276 mila euro (oltre i 240.500 per le autobotti). Previsti 11 interventi per la riattivazione o lo scavo di pozzi a Alcamo, Calatafimi, Castelvetrano, Custonaci, Salemi, San Vito Lo Capo e Trapani. Tutti questi interventi serviranno in ogni provincia a sfruttare al massimo le residue risorse disponibili (a parte quelle dei laghi) e a connetterle fra loro. Anche perché, è un altro passaggio cruciale della relazione, «perfino tornando a una piovosità ordinaria non si potranno ricostituire le scorte idriche necessarie all’ordinaria erogazione in un solo anno». La crisi sarà lunga.