Mercoledì 25 Dicembre 2024

Meloni dà le carte: «Decido io e non accetto ricatti»

«Non sono ricattabile». Giorgia Meloni quattordici mesi fa aggiungeva questa postilla all’elenco di aggettivi poco teneri stilato da Silvio Berlusconi su un foglio in Senato. Ora la premier ribadisce il concetto. Perché è «una persona che non si spaventa facilmente e lo stanno capendo in parecchi». E con il suo governo non c’è spazio per chi in passato «in questa nazione ha pensato di dare le carte». I fatti dell’indagine sugli appalti Anas, sottolinea, riguardano il precedente esecutivo. «Affaristi, lobbisti e compagnia cantante con noi non stanno passando un bel momento», nota la premier che si prepara a dettare la giocata anche nella partita per le Europee, propensa a candidarsi e a trascinare nel gioco gli altri leader, e pronta a essere «rigida» con chi nel suo partito vive il momento senza cogliere «la responsabilità» che si porta «sulle spalle“: il primo è Emanuele Pozzolo, il «deputato pistolero», per cui ha chiesto la sospensione da FdI. Meloni annuncia la notizia alla quindicesima di 42 domande della conferenza di fine anno, slittata due volte per i suoi problemi di salute. «Non scappo», chiarisce all’inizio delle tre ore e cinque minuti di botta e risposta con i giornalisti, con una breve pausa in bagno sul finire. La premier fa il bilancio del 2023 («Politicamente, Cutro è stato il momento più difficile»). E indica le priorità del 2024: il premierato, che «non tocca i poteri del capo dello Stato» e su cui si profila un referendum che «non sarà sul governo o su di me ma sul futuro della nazione»; la riforma della giustizia (l’eventuale referendum sulla separazione delle carriere non sarà accorpato a quello sul premierato, quindi i tempi si allungano); il «piano di borse di studio per studenti meritevoli»; poi il G7, il Piano Mattei, fino alla messa a terra del Pnrr. Con tante incognite nello scenario macroeconomico, Meloni pone una certezza: «Preferisco tagliare la spesa pubblica piuttosto che aumentare le tasse». La «prossima settimana» il focus sarà una misura sulle concessioni balneari, «l’appello del presidente Mattarella non rimarrà inascoltato». È un altro fronte aperto in Europa, dopo la mancata ratifica della modifica del Mes. Ma per Meloni non c’è un rischio isolamento: «Non abbiamo meno diritti delle altre nazioni. Nessuno ci dice “la pagherai”, come non lo dissero alla Francia quando Chirac scelse un referendum sulla Costituzione europea e fu bocciata». Non mancano risposte piccate a Giuliano Amato («Sono rimasta basita dalle sue parole»), e qua e là una buona dose di sarcasmo verso Giuseppe Conte e il M5s. Nel commento all’indagine sulle commesse Anas, arriva invece una solida sponda al vicepremier leghista Matteo Salvini: «Non è chiamato in causa e ritengo che non debba intervenire in Aula su questa materia» e «l’unica tessera presa da Tommaso Verdini è quella del Pd». Poi solleva il dubbio che «alcuni attacchi scomposti alla sottoscritta» siano legati al fatto che «affaristi, lobbisti e compagnia cantante non stiano passando un bel momento» con questo governo. Un concetto su cui torna più volte, senza mai chiarire, pure a domanda esplicita, a chi si riferisca. Anche quando avverte «chi attacca, chi pensa che ti spaventerai se non fai quello che vuole: hanno a che fare con la persona sbagliata. Non mi spavento facilmente, preferisco cento volte andare a casa. Ci sono quelli che pensano che possono indirizzare le scelte, ma con me non funziona, io sono il premier e le faccio io, me ne assumo la responsabilità». Nella maggioranza, assicura, «nessuno vuole sottomettere l’attività del governo all’interesse di partito per un piano elettorale». Ma sull’andamento dei prossimi mesi incideranno Regionali ed Europee. In vista delle prime, la leader di FdI lancia l’appello «a non arrivare troppo a ridosso delle elezioni per scegliere i candidati» governatori, definendosi «abbastanza laica» sul limite dei tre mandati. Sulle Europee, rivela, con Antonio Tajani e Salvini «si è solo parlato dell’ipotesi di candidare i tre leader, una scelta che è corretto fare insieme», e non si lavora a un rimpasto. Non ha ancora deciso se correre, premette, ma per lei «niente conta di più che sapere di avere il consenso dei cittadini». Misurarsi con le urne «anche adesso sarebbe utile e interessante». E spingerebbe a fare lo stesso leader di opposizione come Elly Schlein, con cui è pronta a un confronto in tv. L’obiettivo, ribadisce Meloni, è «costruire una maggioranza alternativa in Europa», senza alleanze con la sinistra all’Europarlamento (la Commissione, sottolinea, è altra storia), ma il perimetro a destra è ancora incerto: «Con Afd - spiega da leader dell’Ecr, la famiglia dei Conservatori europei - ci sono delle distanze insormontabili a partire dal tema dei rapporti con la Russia a differenza di Le Pen che fa un ragionamento più interessante». Glissa sulla domanda se appoggerebbe Mario Draghi se qualcuno lo proponesse al vertice della Commissione («Ha dichiarato di non essere disponibile»), ma rivendica un «ruolo importante per l’Italia». Ora Roma a Bruxelles è rappresentata da Paolo Gentiloni, contro cui Meloni si scaglia commentando «la sfrontatezza» del post del consigliere della Corte dei Conti Marcello Degni. «Mi attendo una risposta da Schlein e da chi lo ha nominato», ossia proprio l’allora premier Gentiloni.

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