La citazione nei confronti di Rosario Crocetta per il danno erariale che sarebbe stato causato dalla mancata approvazione della giunta del parere sul Regolamento Irsap per il pagamento dei servizi indivisibili è inammissibile.
A deciderlo è stata la sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana della Corte dei Conti che con una sentenza ha verificato la responsabilità contabile dell’ex presidente della Regione, difeso dagli avvocati Alessandro Dagnino e Ambrogio Panzarella e dell’assessore regionale Mimmo Turano nella qualità di ex assessore alle Attività produttive, difeso dagli avvocati Maurizio Ferlini e Salvatore Giacalone.
A Crocetta veniva contestato di non avere fatto approvare la delibera di giunta durante la parte conclusiva del suo mandato, con un addebito di 264 mila euro. A Turano, che nella vicenda è stato assolto, la contestazione era legata agli anni 2018 e 2019, per le sue competenze nell’assessorato che vigila sull’Irsap.
All’esito di un articolato giudizio nel quale i difensori avevano contestato gli elementi formali e quelli sostanziali degli addebiti dei pm. Il collegio composto da Anna Luisa Carra (presidente), Sergio Vaccarino (giudice relatore) e Gioacchino Alessandro (giudice) ha ritenuto di dovere dichiarare inammissibile l’atto di citazione nei confronti di Rosario Crocetta perché la notifica del presupposto invito a dedurre, necessaria per l’esercizio del diritto di difesa, era nulla in quanto priva della la cartolina di avvenuto deposito e contraria alla procedura fissata dalla convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia civile, commerciale e penale, al riconoscimento ed all’esecuzione delle sentenze, stipulata il 15 novembre 1967 tra la Repubblica italiana e la Repubblica tunisina.
«Sono soddisfatto di questa nuova decisione dei magistrati contabili. Sebbene il ricorso sia risultato favorevole per ragioni formali i miei difensori, gli avvocati Dagnino e Panzarella - che ringrazio per il lavoro svolto - ha commentato Rosario Crocetta- hanno ampiamente argomentato come esistessero anche ragioni sostanziali per affermare la correttezza della mia condotta».
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