L’ora X scatterà oggi pomeriggio. La manovrina di variazioni di bilancio, diventata una maxi Tabella H con 400 microfinanziamenti a pioggia, arriverà al voto finale. Fra mille incognite. Il testo base dell’assessore Marco Falcone è già arrivato al traguardo (e prevede misure come i 50 milioni per abbattere le rate dei mutui alle famiglie meno benestanti). Ora però è il turno del maxi emendamento che mette insieme i desiderata di maggioranza e opposizione, che valgono quasi 18 milioni. Si tratta della valanga di norme che finanziano feste di Natale, presepi viventi, sagre e perfino kermesse come quella di un’associazione etnea che con 80 mila euro celebrerà Catania Capitale del Regno di Sicilia in omaggio a Federico III, discendente del più noto (e palermitano d’adozione) Federico II. Dietro queste norme, su cui c’è un accordo bipartisan, matura una resa dei conti fra Pd e maggioranza (ma anche nello stesso centrodestra). C’è un emendamento che, scritto come interpretazione autentica della legge elettorale, funziona come una sanatoria per 4 deputati che non si sarebbero dimessi in tempo, prima delle elezioni del 2022, da incarichi pubblici. Si tratta di 3 deputati di Fratelli d’Italia (Dario Daidone, Giuseppe e Nicola Catania) e uno della lista civica Sud chiama Nord, Davide Vasta. La vicenda interessa però altri partiti perché alcuni dei primi dei non eletti, che subentrerebbero se vincessero il ricorso pendente, non andrebbero negli stessi partiti. La Lega ne acquisirebbe uno o due, FdI perderebbe almeno un uomo e Sud chiama Nord un altro. Da qui lo scontro. E oggi una conferenza dei capigruppo convocata d’urgenza dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, deciderà preliminarmente se ammettere al voto questa norma (approvata in commissione Bilancio giovedì notte col voto favorevole di almeno 2 dei deputati interessati). Fuori dall’Ars monta la protesta per questa sanatoria elettorale. Ieri la direzione del Pd, convocata dal presidente Antonio Ferrante, ha deciso di denunciare tutto alla Procura della Repubblica: «Sulla norma-vergogna scritta e votata da ineleggibili per salvare la poltrona si è superato ogni limite - ha illustrato il segretario Anthony Barbagallo -. La vicenda ha assunto connotazioni volte ad integrare specifiche fattispecie di reato. C’è un evidente disegno criminoso da parte dei diretti interessati, che utilizzano la funzione legislativa con una sprezzante spregiudicatezza volta esclusivamente a garantire non un interesse personale ma personalissimo». In questo clima rischiano di finire travolte anche misure dall’effetto pratico più generale. Come quella che dovrebbe abrogare una leggina che nel luglio scorso ha introdotto il divieto di realizzare qualsiasi impianto di gestione dei rifiuti (anche quelli per la differenziata) entro i 3 km dai centri abitati. L’effetto è stato quello di bloccare investimenti per decine di milioni. Per questo il governo vuole cancellare il divieto. Spinto da Confindustria che ieri ha rivolto un appello al Parlamento: «L’Ars approvi con la massima urgenza la legge».