«Una riforma che non porterebbe alcun beneficio sul piano della rapidità ed efficacia del sistema penale». È quanto sostengono oltre mille magistrati, tra giudici e pubblici ministeri, nel documento inviato alla premier Giorgia Meloni e al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nel quale esprimono un «no» netto alla riforma costituzionale che punta ad introdurre la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e quella giudicante.
La sottoscrizione è stata promossa dal procuratore di Ascoli, Umberto Monti, e ha visto l’adesione anche di 576 magistrati i in pensione.
Nella petizione si afferma che la riforma non darebbe risposte alle «aspettative di ciascuno per una giustizia giusta, imparziale ed equanime». Una riforma che per i 1.028 firmatari “comporta i rischi concreti (che sembrano anzi esserne il vero “motore”) verso una dipendenza gerarchica del Pubblico Ministero dal Governo e un controllo da parte della maggioranza politica sull’esercizio della azione penale e sulla conduzione delle indagini». Un controllo sui pm e sull’esercizio della azione penale che a detta dei firmatari «sarebbero una ineludibile conseguenza della separazione delle carriere e della discrezionalità della azione penale di cui la riforma pone le chiare premesse (tant’è che nella quasi totalità dei Paesi dove vi è la separazione delle carriere vi è anche la dipendenza dei PM dal Governo, con la differenza non secondaria in molti di tali Paesi della presenza del Giudice Istruttore a presidiare la indipendenza e imparzialità delle indagini)». Per i firmatari del documento si tratta, infine, di una riforma «che andrebbe a toccare equilibri delicatissimi rischiando di erodere i principi di uguaglianza di ciascuno davanti alla legge, di trasparenza e imparzialità nell’esercizio dell’azione penale e di esercizio autonomo e indipendente della giurisdizione».
L’iniziativa arriva a poche ore dal documento approvato sabato a maggioranza dall’Anm al termine del direttivo dell’associazione, in riferimento alla vicenda del giudice di Catania, Iolanda Apostolico, in cui si afferma che «attacchi e reazioni scomposte di esponenti del governo» hanno come «scopo intimorire ogni giudice che dovesse assumere un’interpretazione non gradita o allineata ad un certo indirizzo politico». L’associazione ha quindi confermato lo «stato di agitazione sui temi dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura» e ha deliberato la convocazione di una assemblea generale con all’ordine del giorno «gli attacchi alla giurisdizione e la pesante denigrazione dei singoli magistrati che hanno adottato provvedimenti in materia di protezione internazionale».
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