Come le basi missilistiche e navali, le caserme, i poligoni, i depositi munizioni. I Centri di permanenza per il rimpatrio - ma anche gli hotspot e gli ordinari Centri di accoglienza - sono «opere destinate alla difesa ed alla sicurezza nazionale». E per realizzarle il ministero della Difesa potrà adottare le procedure superveloci previste «in caso di somma urgenza e di protezione civile» dal nuovo Codice degli appalti. È la novità introdotta dal Governo nel decreto legge per il Sud pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che ha anche allungato a 18 mesi il tempo massimo di trattenimento dei migranti nel Cpr. Non si parla dei soli Centri per il rimpatrio, dunque. Ma di tutte le strutture per l’accoglienza dei migranti, che dovranno essere allestite in «un numero idoneo», «anche attraverso la valorizzazione di immobili già esistenti». E la Difesa è stata incaricata - «mediante le proprie competenti articolazioni del Genio militare, l’impiego delle Forze armate e avvalendosi di Difesa Servizi spa» - della progettazione e della realizzazione. Un Fondo da 20 milioni di euro per il 2023 è stato assegnato al ministero che lavorerà al Piano straordinario per l’individuazione delle aree destinate ad ospitare i nuovi Centri. Strutture che, sottolinea appunto il decreto, sono “dichiarate di diritto quali opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale». I lavori viaggeranno così rapidi su una corsia preferenziale. La Difesa potrà infatti avvalersi delle procedure previste dall’articolo 140 del nuovo Codice degli appalti che consente, ad esempio, di «disporre l’immediata acquisizione di servizi o forniture entro il limite di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità». L’esecuzione dei lavori e l’acquisizione dei servizi e delle forniture di somma urgenza può essere inoltre «affidata in forma diretta e in deroga alle procedure». Il dl ha anche precisato come funziona l’allungamento del trattenimento nei Cpr rispetto al limite precedente (sei mesi). La proroga fino a 18 mesi potrà avvenire se, «nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi». La ratio dell’allungamento dei tempi di trattenimento è quella evitare che il migrante da espellere, frequentemente privo di documenti, rifiuti di collaborare all’identificazione confidando in una breve permanenza nella struttura al termine della quale verrebbe rilasciato con un semplice foglio di via. La procedura di rimpatrio non può essere infatti completata senza l’identificazione dello straniero.