L’idea il ministro Nordio l’accarezza da tempo: destinare le tante caserme dismesse che hanno un struttura compatibile con le carceri, con muri, garitte, locali chiusi ma anche ampi spazi aperti che potrebbero essere utilizzati per il lavoro e per lo sport, al trattamento detentivo differenziato di chi non si è macchiato di gravi reati. Ma ora che i penitenziari tornano a scoppiare con un sovraffollamento che viaggia verso il 121% e 10mila detenuti in più rispetto ai posti letto e che torna ad allarmare l’emergenza suicidi con 44 casi dall’inizio dell’anno, di cui 17 durante il periodo estivo, questo progetto potrebbe diventare realtà. Anche di fronte ai tanti ostacoli, burocratici, di tempo e economici che si pongono per la realizzazione di nuove carceri. «Costruire un carcere è costoso è difficile, usare strutture perfettamente compatibili con la sicurezza in carcere è la soluzione su cui bisogna iniziare a lavorare, e ci stiamo lavorando con risultati che spero saranno abbastanza prossimi», ha assicurato il ministro al termine della sua visita nel carcere le Vallette di Torino, avvenuta all’indomani della tragica morte di due detenute, una delle quali si è lasciata morire di fame. Un piano che si affiancherà alla ricognizione sugli interventi di edilizia penitenziaria già in corso e da attuare, a partire degli 8 nuovi padiglioni previsti dal Pnrr, con la realizzazione di altri 640 camere detentive e spazi trattamentali. Stime ufficiali sul numero dei detenuti che potrebbero essere trasferiti nelle caserme dismesse per ora non ce ne sono ma si tratterebbe di alcune migliaia sulle oltre 57mila persone ristrette nelle carceri. Si tratta dei condannati che devono scontare pene brevi per reati bagatellari che non destano allarme sociale. Il progetto partirà dal basso: saranno i singoli provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria a contattare le articolazioni del demanio e del ministero della Difesa a livello territoriale per una ricognizione delle caserme disponibili, in vista di un piano nazionale. Si punta anche alle misure alternative alla detenzione, in continuità con la riforma Cartabia. E all’incremento del personale che presenta gravissime carenze. Si sta svolgendo in questi giorni l’esame orale del concorso per 214 funzionari giuridico- pedagogici, gli educatori che accompagnano i detenuti nel percorso di reinserimento sociale. Il tentativo è cercare di cominciare a sopperire alla sproporzione gravissima che c’è tra la popolazione detenuta e il numero modesto di operatori che invece dovrebbero essere una figura chiave nelle carceri. Un intervento che segue l’ingresso lo scorso autunno di 57 nuovi direttori delle carceri, prime assunzioni dopo uno stop di quasi 30 anni.