Se il testo approvato in commissione Affari Istituzionali sarà confermato a settembre dal voto dell’aula dell’Ars, alle elezioni provinciali verrà meno il cosiddetto voto di genere. Non sarà obbligatorio quindi votare per una donna se si vorranno esprimere due preferenze. Il colpo di scena è maturato ieri, a 24 ore dall’esame della commissione, quando i funzionari hanno iniziato il lavoro di cucitura del testo base presentato dal governo per la riforma delle Province agli emendamenti approvati dai deputati. È fra queste carte che la capogruppo leghista Marianna Caronia ha trovato un emendamento approvato ma poco «pubblicizzato»: «Trovo anacronistico che dalla riforma delle Province sparisca la doppia preferenza di genere sulla scheda elettorale. Così come ritengo grave che la presenza di genere venga ridotta ad un quarto nelle giunte provinciali». In sintesti, oltre al venire meno dell’obbligo di votare anche una donna è stato ridotto il numero minimo di esponenti femminili da inserire nelle future giunte. Era il 30% nel testo del governo e scende ora al 25%. Tutto questo agita i rapporti nella maggioranza perché la Caronia individua nell’asse Forza Italia-Fratelli d’Italia l’origine di questi emendamenti: «La riforma nasce sotto i peggiori auspici e, nonostante la reintroduzione dell’elezione diretta per presidenti, porta un neo che la fa precipitare indietro rimettendo in discussione la presenza delle donne in politica. Il testo approvato in commissione si macchia quasi di misoginia». In aula, a settembre, sarà battaglia.