Una tempesta perfetta, scatenata da una combinazione di eventi – legati al cambiamento climatico e all’incuria dell’uomo se non alla criminalità – che in alcuni momenti hanno reso difficile il coordinamento delle operazioni. Tanto che, senza lo straordinario impegno di tutti coloro che sono stati chiamati a fronteggiare in prima linea questo momento catastrofico, il bilancio dei morti e dei danni poteva essere ben più alto». E se la tempesta sembra ormai archiviata, le immagini dei roghi resteranno invece ben impresse nella memoria di molti siciliani, sicuramente in quella di Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile, che commenta così le giornate d’inferno vissute dall’Isola tra incendi, caldo e blackout. Senza dimenticare l’altra emergenza, ancora in corso: il caos voli provocato dall’incidente di Fontanarossa, «che impone adesso, più di prima, di rivedere il sistema aeroportuale della Sicilia, rendendone omogenea la gestione. Oggi le società sono troppe». Ministro, partiamo dalla fine, dal disastro delle ultime ore: dagli incendi che hanno inghiottito ettari di territorio. Si poteva e doveva fare di più nella prevenzione e nel contrasto, anche a livello nazionale? «Premetto che, per legge, le competenze in materia spettano alle Regioni. Per quel che riguarda lo Stato, che può intervenire in ausilio, c’è una obiettiva carenza di velivoli anti-incendio e un ritardo di 30 anni: bisognava attrezzare la flotta nazionale con mezzi sufficienti a domare rapidamente i roghi. Solo che i Canadair sono prodotti in regime di monopolio in Canada, e per ottenerne già solo uno possono passare anche sei anni. L’Italia si è prenotata per averne tre, ma se ne parlerà nel 2028. Intanto, stiamo lavorando con i partner europei per trovare una soluzione alternativa e liberarci da questa “schiavitù”. Conto che questa iniziativa venga promossa dall’Ue, che ha una sua flotta di Protezione civile: potremmo accelerare l’iter semplificando le procedure. Ne ho già parlato con il commissario agli Affari umanitari di Bruxelles». Lei è stato presidente della Regione fino a poco tempo fa e durante il suo mandato gli incendi non sono certo mancati. Cosa ha fatto per ridurre il rischio? «Ogni istituzione chiamata in causa nel contrastare il fenomeno deve fare la propria parte, e sarebbe demagogico accusare un’amministrazione (non importa il colore) di non aver contribuito abbastanza. Detto ciò, il mio governo ha deliberato una riforma del settore, rimasta appesa all’Ars per due anni, fino alla scadenza della legislatura. Mi sono ritrovato con un Corpo di guardie forestali di una certa età, senza possibilità di ricambio generazionale e condannato all’estinzione. L’ho rimpinguato di cento unità. E ancora: la stipula di convenzioni con i Vigili del fuoco per assicurare il presidio estivo nelle Isole minori e la dotazione stagionale di una flotta aerea regionale con otto velivoli. Insomma, abbiamo fatto il possibile. Ma se poi ci sono criminali che appiccano i fuochi o agricoltori che si dimenticano di realizzare in primavera i viali tagliafuoco, allora tutto si complica. Su questo fronte, mi risulta che anche l’attuale governo regionale ha fatto la sua parte. La lotta agli incendi è anche un problema culturale e la prevenzione è un dovere tanto pubblico quanto privato». Provi a convincere l’arcivescovo Lorefice, che in visita alla chiesa di S. Maria di Gesù, andata a fuoco, ha detto che «la responsabilità di questo disastro ricade sulla politica». Sente di dover rispondere? «No, perché non sono abituato a replicare agli uomini di Chiesa, specie quando provano spesso il gusto di polemizzare con la politica: il potere temporale e quello spirituale dovrebbero avere reciproco rispetto». Torniamo sul caos voli. Suggeriva di omogeneizzare la governance aeroportuale dell’Isola. Lei ci ha provato? «Sì, ma non c’erano le condizioni politiche, perché Comune e Città metropolitana di Palermo, che hanno quota maggioritaria in Gesap, erano amministrate dalla sinistra, con altri obiettivi. Oggi il panorama è cambiato, e credo che con Trapani e Catania si possa avviare un percorso per creare un’unica società per la gestione di tutti gli scali. Risparmieremmo uomini e mezzi, avremmo una sola strategia e in caso di tilt in un aeroporto eviteremmo la situazione registrata in questi giorni».