Un attacco «agli amici del M5s, che quando erano al governo con la scusa del Covid hanno scarcerato mafiosi». E la rivendicazione della «difesa del 41bis» sul caso Cospito. Le parole di Giovanni Donzelli hanno segnato la seconda edizione del convegno «Parlate di mafia», organizzato a Palermo dai gruppi parlamentari del partito di Giorgia Meloni. I suoi colonnelli sul palco hanno declinato tutte le parole d’ordine sul tema della legalità, celebrato come una questione identitaria, a maggior ragione dopo settimane di scontri e polemiche con le opposizioni e con le toghe sul tema della giustizia.
Nel programma figurava anche un videomessaggio della premier, ma era un errore, in quanto inserito «solo per un disguido organizzativo». La premier, ha spiegato il sottosegretario Alfredo Mantovano, è impegnata nella preparazione della Conferenza su sviluppo e migrazioni di domenica a Roma, con leader dall’Ue, dal Mediterraneo, dall’Africa e dal Golfo. Per qualche giorno vola sopra le polemiche legate ai temi della giustizia. Fibrillazioni destinate a riemergere durante l’esame del disegno di legge Nordio in Parlamento, e per quello in preparazione per la separazione delle carriere. Mentre nella maggioranza si fanno sempre più insistenti le voci di un rimpasto «dopo l’estate». «Non finiremo come abbiamo iniziato», la conferma in ambienti di governo. Tra i nomi nel mirino anche Carlo Nordio e Daniela Santanchè, mentre fonti vicine a Francesco Lollobrigida liquidano come «elucubrazioni giornalistiche» le notizie sulla sua intenzione di candidarsi alle Europee.
«Si chiude una settimana in cui il governo ha mostrato i primi significativi scricchiolii», è la lettura di Matteo Renzi. È stata anche la settimana del j’accuse di Marina Berlusconi contro chi «perseguita» il padre «anche da morto», su cui Meloni ha glissato, spiegando che la figlia del fondatore di FI «non è un soggetto politico». «Alcuni media mi hanno incomprensibilmente attribuito reazioni che non ho mai provato di fronte a commenti del presidente Giorgia Meloni, per la quale nutro il massimo rispetto e la massima stima», la puntualizzazione della presidente di Fininvest, e anche la premier ha fatto filtrare che «non c’è mai stato un caso».
Più che un caso è uno scontro aperto quello fra FdI e M5s, nato dal convegno di Palermo, proprio mentre usciva la notizia dell’indagine della Dia di Caltanissetta sul presunto «piano fascista» contro la magistratura. «Complimenti alla magistratura, quando fanno operazioni per difendere la legalità siamo sempre dalla loro parte. Come istituzioni ne sosteniamo l’impegno», il commento di Donzelli, poco dopo aver chiamato in causa il Movimento per le centinaia di carcerati che, in piena pandemia, sono passati ai domiciliari, anche esponenti di spicco di mafia, camorra, ‘ndrangheta e narcotrafficanti.
All’epoca si dimise il capo del Dap Francesco Basentini per una circolare che invitava i direttori dei penitenziari a segnalare ai magistrati di sorveglianza i detenuti affetti da gravi patologie o ultrasettantenni. «Ogni scarcerazione avvenuta nella primavera 2020 venne decisa in autonomia dai magistrati e sulla base di una legge del 2010 del governo Berlusconi - ribattono i 5S -. Dopo quelle scarcerazioni siamo intervenuti immediatamente con due decreti legge e con ispezioni ministeriali. Grazie a quegli interventi alcune scarcerazioni furono evitate e alcuni detenuti rientrarono in carcere. Anche oggi Donzelli ha perso l’occasione per rimanere in silenzio». Il responsabile organizzativo di FdI, è il contrattacco del partito di Giuseppe Conte, «avrebbe dovuto lasciare mesi fa il suo incarico al Copasir per aver messo a repentaglio, insieme all’amico Delmastro, la sicurezza nazionale sventolando ai quattro venti informazioni investigative coperte da segreto».
«Abbiamo fatto le cose giuste che servivano all’Italia. Scomode per qualcuno che voleva tenere forse nascoste quelle pagine ma invece noi le abbiamo portate a conoscenza di tutti gli italiani», ha sottolineato Donzelli, riferendosi alle accuse di rivelazione di segreto d’ufficio per cui il gip di Roma ha chiesto l’imputazione coatta del suo collega e coinquilino Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia. «Abbiamo messo in sicurezza l’ergastolo ostativo - ha aggiunto Delmastro - rispetto a cedimenti che arrivavano da tutte le parti».
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