Mercoledì 25 Dicembre 2024

Meloni gela ancora Nordio, via libera del Colle alla presentazione alle camere del ddl giustizia

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio

Ci sono «le cose che si devono fare e si fanno», invece «del resto si può evitare di parlare». Tra le cose «da fare», non c’è la modifica al concorso esterno in associazione mafiosa, e Giorgia Meloni lo ha detto per la seconda volta in pochi giorni, usando toni ancor più decisi a Palermo, in occasione delle commemorazioni per la strage di via D’Amelio. Un messaggio chiaro a Carlo Nordio, che ormai pare allineato. In attesa della prossima prova, sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio, norma chiave del disegno di legge sulla giustizia varato oltre un mese fa, finalmente trasmesso al Parlamento da Sergio Mattarella. Poche ore dopo le parole della premier, Nordio ha risposto al question time alla Camera. Prima ha raccontato il suo «sconcerto e sdegno» per essere stato definito da «qualcuno favoreggiatore della delinquenza mafiosa». Poi ha convenuto che la modifica «non fa parte del programma governativo: non c’è, non esiste e non sarà fatto». A leggere i comunicati di questi giorni, FI appare decisamente più vicina a Nordio di FdI, il partito che lo ha fatto eleggere. Chi canta vittoria è sicuramente Giuseppe Conte: «Sul concorso esterno Meloni e Nordio si rimangiano tutto». Tra le cose «da fare», ci sarebbe anche un ritocco dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Palazzo Chigi si è impegnato con il Colle affinché avvenga nell’iter parlamentare, che inizierà dalla commissione giustizia del Senato. Anche se, raccontano nella maggioranza, ci sarà da convincere Nordio, già costretto in questi giorni a frenare sul concorso esterno. Il rischio è che l’abrogazione vada anche in contrasto con la proposta di direttiva Ue anticorruzione che intanto - poco prima del via libera del Colle al ddl - è stata bocciata in commissione Giustizia alla Camera con un parere negativo dal centrodestra, con il sostegno del Terzo polo. Imporre di mantenere l’abuso d’ufficio e di estenderlo al settore privato, «risulterebbe palesemente in contrasto con il principio di sussidiarietà e con quella di proporzionalità», secondo il parere approvato dalla commissione. Con queste premesse, si annuncia tutt’altro che scontato l’iter parlamentare del ddl che inizierà a stretto giro al Senato, con una serie di audizioni fra cui quella dell’Anm. In quell’occasione si misurerà anche la temperatura delle tensioni dopo lo scontro governo-toghe di queste settimane. Un fronte in cui è entrata anche il caso di Daniela Santanchè, che lunedì ha ricevuto la richiesta di proroga delle indagini della Procura di Milano, in cui è indagata. Meloni non sarebbe rimasta sorpresa, in ambienti di governo si dà per scontato che si fosse parlata con la ministra del Turismo, sempre sulla graticola. Il bivio per la premier si avvicina, secondo alcune voci nel centrodestra potrebbe però arrivare solo a settembre. Per ora non cambia nulla, viene assicurato. La mozione di sfiducia non passerà mercoledì, mentre il capo del governo sarà a Washington. Scelte drastiche non sono al momento all’ordine del giorno. E, soprattutto, la notizia della notifica resa nota in serata, non ha rovinato quella che la premier considera una «grande» giornata, aperta con la lettera al Corriere della Sera, per affermare che «la lotta alla mafia è parte di noi» e liquidare “stucchevoli strumentalizzazioni», e chiusa al tramonto al Forte Michelangelo di Civitavecchia, accanto a Matteo Salvini, per l’anniversario del Corpo delle Capitanerie di Porto, l’impegno istituzionale per cui ha spiegato di aver dovuto rinunciare alla tradizionale fiaccolata di Palermo in memoria di Paolo Borsellino. In mezzo ci sono stati la commemorazione istituzionale in Sicilia, una telefonata con il principe saudita Mohammed bin Salman, un «lungo e cordiale colloquio» con il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, con al centro decretazione d’urgenza, omogeneità dei decreti-legge e organizzazione dei lavori parlamentari, la buona notizia che Sergio Mattarella ha trasmesso al Parlamento il disegno di legge sulla giustizia varato oltre un mese fa. E infine l’annuncio che Zaki potrà lasciare il carcere. Al momento non è previsto, ma nemmeno escluso, che la presidente del Consiglio decida domani di andare ad accogliere lo studente egiziano al suo rientro in Italia. Questo epilogo, è la convinzione ai piani alti del governo, consolida lo status internazionale di Meloni. E, soprattutto, consente di relegare in secondo piano, sempre al momento, i nodi Nordio e Santanchè.

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