Il Mes approda in aula, domani (30 giugno) alla Camera, ma Giorgia Meloni conferma che, «nell’interesse nazionale», non è questo il momento per affrontare un voto sulla ratifica , perché il governo ha scelto «un approccio a pacchetto», in cui si trattano anche la nuova governance economica europea, l’Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria. E così la sua maggioranza sta studiando la strategia per arrivare, fra mercoledì e giovedì prossimi, al rinvio a dopo l’estate. Anche se per il Pd «è ora di prendersi le responsabilità e mettere fine al balletto con la Ue». Invece la sfida a Bruxelles resta aperta, come ha chiarito la premier nella lunga giornata di comunicazioni al Parlamento alla vigilia del Consiglio europeo. Ed è aperto anche confronto sul Pnrr, con la presidente del Consiglio che punta l’indice verso Paolo Gentiloni: «Il commissario dice che bisogna correre di più ma se si fosse vigilato di più in passato forse si farebbe più velocemente». I toni si fanno più severi nella critica alla Bce per il continuo rialzo dei tassi di interesse, e toccano livelli da comizio («Non mi vedrete mai paludata») nella replica alle opposizioni.
Per la segretaria dem Elly Schlein sul Mes Meloni «mette in imbarazzo l’Italia», e per il leader del M5s Giuseppe Conte «la logica del pacchetto si trasformerà in un pacco». Pur approvando le comunicazioni della presidente del Consiglio, anche il senatore a vita Mario Monti giudica la strategia «a pacchetto“ come «una logica perigliosa». Reduce dalla consueta colazione di lavoro al Quirinale con Sergio Mattarella, Meloni nel pomeriggio a Palazzo Madama siede accanto a Matteo Salvini: tra i due sono sorrisi e battute, dopo una settimana ad alta tensione, fra scontri sul commissario per la ricostruzione, il caso Santanchè e le diverse strategie sul Mes. Per la Lega «adesso non serve», osserva il vicesegretario Andrea Crippa, «attendiamo una indicazione di Meloni per procedere, ha l’onore e l’onere di fare il presidente del Consiglio». E quando alla Camera in mattinata Meloni ha delineato la road map, mentre il suo partito si è alzato in piedi ad applaudire i leghisti sono rimasti seduti.
Le prossime settimane servirà uno sforzo per creare la narrazione per l’inversione a U. Intanto al Consiglio europeo il tema potrà essere sollevato in via marginale dopo la lettera al presidente Charles Michel in cui il n.1 dell’Eurogruppo Paschal Donohoe ha scritto: «La ratifica del Trattato Mes è centrale per i nostri sforzi e continueremo il nostro impegno con l’Italia su questo tema». La palla ora è al Parlamento, stessa dinamica che Meloni delinea per affrontare la delicata exit strategy dalla Via della Seta con la Cina. Il disegno di legge di ratifica del Mes, ora in commissione Esteri, approderà dunque venerdì in Aula. Nella riunione dei capigruppo il centrodestra non ha forzato per un rinvio. Con ogni probabilità si arriverà a un voto fra mercoledì e giovedì, non sulla ratifica come spingono Pd e Terzo polo, ma per una sospensiva come vuole la maggioranza: l’obiettivo è riparlarne quando il quadro in Europa “sarà chiaro», magari a settembre o, azzarda qualcuno, a fine anno. Si teme, dice un leghista, che nella riforma della governance si inserisca un obbligo a usare il fondo Salva Stati in certe condizioni di gravi crisi o recessioni. E la recessione “in Germania è arrivata», sottolinea il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
Per la lotta all’inflazione, secondo Meloni l’ideale non è il rialzo dei tassi. C’è «il rischio» che «sia una cura più dannosa della malattia», dice rivendicando il «diritto della politica» a criticare la Bce. «Ricordo che Fabio Panetta», appena indicato dal governo governatore di Bankitalia, «era in quella Bce che lei chiamava comitato d’affari e usurai», la frecciata di Matteo Renzi alla premier. Per Meloni l’unico applauso bipartisan è sul ringraziamento ai militari del contingente italiano in Kosovo. Applaude solo la maggioranza quando, sui migranti, promette di “stroncare il traffico di vite» e ricorda quando si «legittimava chi sperona le navi dello Stato italiano». Il M5s la contesta quando si parla di Ucraina, a cui la premier ribadisce l’assoluto sostegno, affermando che «la crisi interna alla Federazione Russa ha contribuito a far emergere le difficoltà della sistema di potere di Putin». Per il resto sono dure schermaglie con l’opposizione. E alla fine della sua replica in Senato la presidente del Consiglio lascia trasparire tutti i suoi sospetti verso gli avversari: «Sarebbe grave chiedere un intervento esterno solo perché non si è in grado di battere questo governo facendo opposizione».
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