E adesso? Il perimetro normativo è stato tracciato in queste ore a Roma, all’interno del nuovo decreto sulla pubblica amministrazione, su input della deputata messinese di Forza Italia, nonché sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Matilde Siracusano: via libera alla stabilizzazione dei circa 4.600 Asu attivi nell’Isola, precari da 20 anni. Ma una volta creato, il «contenitore» bisognerà pure riempirlo, cominciando a rispondere a qualche semplice domanda: chi pagherà gli stipendi? E quanto tempo ci vorrà per assumere il personale? Ebbene, ricordando che, ad oggi, solo 300 Asu prestano servizio per la Regione, meno di 700 nelle cooperative e ben 3.629 per i Comuni, l’assessore regionale alle Autonomie locali e funzione pubblica, Andrea Messina, chiarisce subito che, se «al momento, per ciò che riguarda le amministrazioni pubbliche, il sussidio mensile di questi lavoratori» (tra i 750 e 1000 euro) «viene garantito in parte dall’Inps e in parte dalla Regione - che in Finanziaria si è impegnata a coprire l’integrazione fino a 36 ore di impiego settimanali per tre anni - una volta scattata la stabilizzazione lo stipendio sarà invece interamente pagato dall’ente che assume», ossia dalla Regione stessa o dal Comune, «anche perché la nuova normativa prevede che lo Stato non debba sostenere nessun onere in più». Insomma, sarà tutto a carico degli enti. Inevitabile, dunque, una terza questione: le risorse ci sono? Per quanto riguarda l’amministrazione regionale, continua Messina, «si navigherà a vista, guardando ai bilanci di Palazzo d’Orleans. È chiaro che c’è la volontà di stabilizzare tutti, e il decreto sulla pubblica amministrazione varato dal governo nazionale getta le basi giuridiche per poterlo fare, ma bisognerà sempre tenere d’occhio le casse. Di sicuro non cominceremo quest’anno, perché nel Piao 2023 (il Piano integrato di attività e organizzazione, ndr) abbiamo già calcolato un massimo di 45 assunzioni, rispetto alle quali considereremo solo le graduatorie già formate per concorso, non gli Asu». E qui si tocca l’altro nodo, quello dei tempi, legato a filo doppio con i limiti assunzionali, ossia le percentuali, stabilite periodicamente da tutti gli enti pubblici, con cui contrattualizzare il personale: un tetto che la norma approvata giovedì scorso in Consiglio dei ministri obbliga a rispettare. Si tratta, spiega Messina, «di parametri complicati, che non dipendono più dal turnover e dai pensionamenti, ma, ancora una volta, dai bilanci degli enti: dalla Riscossione, dal Fondo di svalutazione crediti e da altre voci. Se non ci fosse stata una deroga al limite, avremmo potuto stabilizzare gli Asu più velocemente, ma così, è ovvio, ci vorrà più tempo». Quanto? Per i 300 lavoratori socialmente utili della Regione l’assessore preferisce non avventurarsi in stime, ma nella migliore delle ipotesi non passeranno meno di sei anni, «a meno che non si vada oltre i parametri assunzionali. I sindacati premono per questa direzione, e ci stiamo lavorando pure noi: c’è un dialogo aperto con Roma». Intanto, il provvedimento sta ricevendo plausi bipartisan. Dalla Lega, per esempio, che per voce del capogruppo all’Ars, Marianna Caronia, si impegna a «fare ogni sforzo utile per rendere operativa in Sicilia la norma: ora abbiamo una possibilità in più che consentirà di varare una legge regionale senza rischi di impugnativa. Attendiamo di conoscere nel dettaglio il decreto del governo Meloni per avviare subito una fase di discussione in Assemblea, partendo dalle commissioni di merito, per giungere ad una soluzione definitiva che dia dignità piena a questi lavoratori». Soddisfatto anche il capogruppo M5S all’Ars, Antonio De Luca: «Da Roma finalmente la notizia che aspettavamo per gli Asu siciliani. È una cosa che ci riempie di soddisfazione, visto che per garantire loro un futuro tranquillo ci battiamo da 11 anni. Nel corso dell’ultima Finanziaria, grazie ad un nostro emendamento, siamo riusciti a dargli un po’ di serenità, stanziando nel bilancio triennale fondi per coloro che lavorano nei Beni culturali. Ho definito allora quello un atto di civiltà, in attesa della stabilizzazione vera e propria, per la quale ora c’è finalmente la norma nazionale, alla quale dovremo dare seguito nell’Isola».