Domenica 22 Dicembre 2024

Dalla Tunisia in arrivo 900 mila migranti, Meloni e Musumeci in pressing sull'Ue

Musumeci al salone Nauta di Misterbianco

Un’ondata di 900 mila migranti dalla Tunisia nel giro di pochi mesi, con un picco ad agosto, che manderebbe fuori controllo la gestione dell’accoglienza, soprattutto a Lampedusa. C'è questo scenario allarmante, spiegano fonti di governo, dietro la preoccupazione che anima il pressing di Giorgia Meloni sull'Unione europea affinché affronti la questione migratoria con urgenza. Se non arrivano a breve i finanziamenti promessi (1,9 miliardi di dollari dal Fmi, 500 milioni di euro dalla Ue, e quelli di vari Paesi, fra cui 110 milioni dall’Italia), la situazione è destinata a esplodere, e il timore dell’esecutivo è accompagnato dall’auspicio che l'Europa rinforzi il pattugliamento nel Mediterraneo (oltre alla rotta centrale e quella turca preoccupa anche quella libanese) e dia maggiore attenzione agli hotspot in Africa e Medio Oriente. Ecco perché è «ancora più improcrastinabile l’attuazione di quanto deciso al Consiglio europeo di febbraio» e vanno utilizzate «tutte le politiche e gli strumenti necessari da parte dell’Ue», come ha sottolineato Palazzo Chigi esprimendo "sentito apprezzamento» per le parole del presidente del Consiglio Ue Charles Michel nella lettera alla premier dopo la tragedia di Cutro. Uno scambio epistolare che segue quello con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nella settimana del bilaterale con il primo ministro olandese Mark Rutte, da cui Meloni ha avuto l’apertura ad affrontare insieme migrazioni primarie e secondarie. E nella rete diplomatica a cui lavora Meloni conta anche l’appuntamento di lunedì 13 marzo: nel decennale del pontificato del Papa, parteciperà alla presentazione de «L'atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale», con il segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin. «Il tragico naufragio è un forte richiamo sul fatto che vanno trovate soluzioni concrete e percorribili per gestire meglio la migrazione e combattere i trafficanti», ha osservato Michel, sottolineando che «non c'è tempo da perdere». Quindi, «l'attuazione rapida delle misure concordate» nel Consiglio Ue di febbraio, in vista della prossima riunione del 23 marzo, «è una priorità per tutti e conto fermamente sull'Italia su questo. Lavorando insieme e con decisione - la puntualizzazione di Michel - dobbiamo prevenire queste tragedie». Nel frattempo il governo ha deciso legge la stretta sui trafficanti, con un decreto su cui si è consumato un intenso braccio di ferro fra Meloni e Matteo Salvini. Dinamica destinata a ripetersi se verrà ripescata la misura per rafforzare la sorveglianza marittima con un ruolo di primo piano della Marina. E anche durante l’esame del dl al Senato: dalla Lega dicono che presenteranno gli emendamenti già pensati per il dl Ong, nonché alcune misure incluse nella proposta di legge del leghista Igor Iezzi per reintrodurre i decreti sicurezza, che è in commissione Affari costituzionali alla Camera. Senza contare la considerazione di Alfredo Mantovano sulla necessità di cambiare la Bossi-Fini: «Ormai è diventata una legge-arlecchino. Bisognerà fare qualcosa di nuovo, ma con calma e in maniera articolata». Una battuta che non prefigura un intervento immediato, si minimizza in ambienti di governo, il Testo unico sull'immigrazione potrà essere rivisto ma servirà tempo. E comunque, osservano le stesse fonti, in questo momento non bastano le norme a risolvere la situazione. Qui emergono i timori sulla crisi della Tunisia. C'è anche la speranza che l’Ue intervenga con la sua moral suasion per inserire il sistema dei visti per l’ingresso in Tunisia dai Paesi limitrofi, come la Costa d’Avorio, da dove arriva una mole di manodopera che ha fatto abbassare il costo del lavoro aggravando la crisi. «Non sapete quello che accadrà tra qualche mese, non avete idea... - avverte il ministro delle Politiche del mare, il siciliano Nello Musumeci, ex presidente della Regione -. O l’Europa si rende conto che siamo arrivati al punto zero o saremo costretti a piangere ancora altri morti perché nei Paesi di partenza non si dice che fine fanno i loro connazionali».

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