Superbonus: dopo le decisioni del governo è il giorno della protesta. Il decreto di tre soli articoli è già arrivato in Gazzetta e il blocco alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura è già operativo. Uno scossone che spaventa sindacati e imprese. E accende la polemica politica politica. I lavoratori edili della Cgil temono la perdita di 100 mila posti di lavoro e annunciano di essere pronti alla piazza contro la decisione dell’esecutivo. Le associazioni imprenditoriali, grandi e piccole, temono fallimenti a catena: chi parla di 25 mila aziende a rischio, chi di 40 mila. E lanciano un allarme sulla tenuta sociale della scelta fatta. Che il governo difende: «Si doveva intervenire per arginare una situazione abnorme con 110 miliardi per il Superbonus che gravavano sulle casse dello Stato», spiega il viceministro all’Economia Maurizio Leo, l’esperto fiscale più vicino alla premier Giorgia Meloni che parla di intervento mirato. E il commissario all’Economia della Ue Paolo Gentiloni dice di «prendere atto della decisione del governo italiano sul Superbonus. Tra gli obiettivi della misura ce n’era uno che ci stava molto a cuore, quello di migliorare le classi energetiche delle abitazioni. Riconosco però le preoccupazioni del ministro Giorgetti sulle conseguenze sui conti pubblici». «La responsabilità di quello che è accaduto - afferma anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani - è del governo Conte, del governo dei 5 stelle, siamo stati costretti». Al fianco della decisione-blitz il governo mostra comunque il ramoscello d’ulivo del confronto con le associazioni di categoria interessate. Saranno convocate per lunedì pomeriggio: servirà al governo per spiegare le ragioni e ad ascoltare con attenzione. Anche banche e costruttori (Abi e Ance) mettono in pressing il governo e chiedono una «misura tempestiva» che consenta «immediatamente alle banche di ampliare la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24, compensandoli con i crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese e acquisiti dalle banche». Insomma, bisogna fare presto per salvare le imprese dalla crisi di liquidità. Ma della misura guardano anche il bicchiere mezzo pieno, il meccanismo introdotto che consente comunque di avviare lo sblocco dei crediti passati. Da tutti gli altri piovono critiche. Polemiche anche le associazioni ambientaliste: «Con questa incomprensibile decisione - commenta Stefano Ciafani di Legambiente - il governo Meloni stronca definitivamente l’unica politica di intervento per la riqualificazione del patrimonio edilizio». Categorico il leader della Cgil Maurizio Landini: «Il governo sbaglia e decide senza discutere». Spiega il segretario generale della Fillea-Cgil, Alessandro Genovesi: «Si perderanno nell’edilizia privata circa centomila posti di lavoro e molte imprese chiuderanno». Le associazioni tra le imprese non spengono l’allarme. «Occorre che vengano individuate soluzioni strutturali alla crisi di liquidità delle imprese», dice Confcommercio. Il presidente di Confartigianato Marco Granelli calcola calcola in 47.000 i posti a rischio. Mentre per il presidente di Confapi Aniem, Rocco Di Giuseppe ci saranno «impatti potenzialmente devastanti». Il tema è ovviamente benzina sul confronto politico. La decisione del governo di intervenire così drasticamente viene difesa a spada tratta dalla maggioranza che spiega di aver dovuto assumere la decisione per preservare la tenuta dei conti pubblici a fronte dalla cifra monstre dei crediti fiscali maturati: 110 miliardi. I pentastellati alzano il tiro sul ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Il risultato dell’opera demolitoria del ministro dell’Economia ora regala un bel baratro a tutta la filiera italiana dell’edilizia». E lo stesso leader M5s Giuseppe Conte attacca la premier postando un tweet di Giorgia Meloni del 17 settembre 2022 (una settimana prima del voto delle elezioni politiche) in cui la leader di Fdi scriveva: «Pronti a tutelare i diritti del superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie». Insomma, «le promesse della campagna elettorale rimangiate una dopo l'altra». Anche il Pd attacca a testa bassa: «Vietare agli enti locali e alle altre Pa di acquistare i crediti incagliati vuol dire condannare alla chiusura decine di migliaia di imprese, fermare almeno 100 mila cantieri, mandare sul lastrico migliaia di famiglie». C'è il rischio di un «bagno di sangue», rincara il candidato alla guida del Pd Stefano Bonaccini. Unica voce fuori dal coro dell’opposizione quella di Carlo Calenda: «Giorgetti ha ragione sull'importo dei bonus, che non sono solo il Superbonus. Con 120 miliardi metti a posto la Sanità per 15 anni».