Intercettazioni, dopo le parole di Nordio sui pm antimafia il governo apre il fronte giornali
«Delimitare i confini» per evitare le gogne. Dopo le parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio sulle intercettazioni e sul Parlamento che «non deve essere supino e acquiescente alle posizioni dei pm», Fratelli d’Italia prova a circoscrivere il dibattito, spostandolo dalle prerogative nelle indagini ai limiti alle diffusioni degli ascolti. A volte c'è «un cortocircuito tra procure e mass media», dice il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e «bisogna intervenire da una parte con l’Ispettorato generale per verificare che non vi siano fuoriuscite di notizie dalle Procure stesse, dall’altra parte con una norma più stringente. E poi lo dico onestamente, sì, anche sui giornali». È quello che in maniera più ruvida, dice Nordio, quando parla di «abusi» e «porcherie». Per il Guardasigilli non basta la riforma Orlando. A questo proposito, ieri alla Camera ha citato come esempio le intercettazioni del governatore del Veneto Zaia sul professor Crisanti nell’inchiesta di Padova sui tamponi rapidi di cui si è parlato su giornali e in tv, dicendo che «se non interverremo sugli abusi, sugli errori, cadremo in una sorta di democrazia dimezzata». Un tema non meno scivoloso e, come riconosce lo stesso Delmastro, difficile, perché c'è in gioco il bilanciamento tra diritto alla riservatezza e diritto di cronaca, e «sono allo studio proprio perché ci rendiamo conto che bisogna agire con la massima prudenza». «Aspettiamo di vedere quale sia la soluzione, ma ci sono gioco interessi fondamentali, come il diritto all’informazione e la stampa libera», rammenta il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, che osserva: «Non ho nessuna difficoltà a dire che gli abusi vanno puniti, ma bisogna capire cosa si individua come abuso». La riforma del 2017, dell’allora ministro Andrea Orlando, era intervenuta proprio sulla diffusione delle conversazioni non rilevanti ai fini dell’inchiesta: in primo luogo non possono essere trascritte dalla polizia giudiziaria, ma solo annotate per sottoporle al pm, inoltre gli ascolti non selezionati per il fascicolo d’indagine vanno conservati in un archivio coperto da segreto. «La legge c’è ma è quotidianamente perforata», dice Delmastro, e vengono pubblicati ascolti che non hanno rilevanza penale ma «feriscono l’onorabilità delle persone». Non risultano contatti nelle ultime ore fra Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia. Fonti di governo si limitano a constatare che il tema è ancora in «una fase di dibattito, fra il culturale e il politico, la palla è al ministero della Giustizia e quando sarà articolata una proposta si faranno le valutazioni». C'è la convinzione che alla fine nel centrodestra le posizioni «non saranno inconciliabili». E il punto fermo è che il futuro intervento sulle intercettazioni «non riguarderà reati come mafia e terrorismo, e i reati collegati». Più volte negli ultimi giorni anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha detto che «il governo non intende toccare il sistema delle intercettazioni o rivederlo depotenziando gli strumenti di indagine, men che meno su mafia e terrorismo». Prosegue l’indagine della Commissione Giustizia del Senato. La Commissione martedì ha in calendario proprio l’audizione del Garante della Privacy. La presidente Giulia Bongiorno della Lega, che ha voluto l’indagine sulle intercettazioni, anche oggi in un’intervista ha ripetuto: «Guai a cancellarle» per mafia, terrorismo. Ma anche per la corruzione: «È un reato grave per cui non si può escludere l’uso delle intercettazioni - dice la penalista -, il tema cruciale è il limite entro cui la riservatezza può e deve essere obliterata».