L’elezione dei 10 componenti laici da mandare al Csm fa esplodere il caos nella maggioranza. A scatenare le polemiche è la candidatura di Giuseppe Valentino, penalista calabrese già sottosegretario alla Giustizia. Fratelli d’Italia lo indica per giorni come nome sul quale puntare per la vicepresidenza dell’organo di autogoverno dei magistrati, senza che nessuno avesse nulla da ridire. Ma è quando i parlamentari cominciano a votare nell’Aula di Montecitorio, attrezzata per l’occasione, che ci si ricorda come Valentino risulti indagato in un processo di ‘ndrangheta, conosciuto come Gotha, tirato in ballo da un collaboratore di giustizia nel 2021. La notizia, pubblicata su alcuni siti durante la chiama e sottolineata dagli esponenti dei 5 Stelle che annunciano l’intenzione di non votarlo, sembra mandare per aria l’accordo raggiunto faticosamente dopo giorni di intensa trattativa all’interno della maggioranza e tra maggioranza e opposizione. E all’indomani dell’arresto del boss Matteo Messina Denaro con la premier Giorgia Meloni volata a Palermo per dire che contro la criminalità organizzata sarà lotta senza quartiere, «Fratelli d’Italia questo cedimento non può proprio permetterselo», si osserva da più parti nel centrodestra. E allora scatta lo stop al voto. I parlamentari di FdI vengono invitati a non rispondere alla prima chiama anche se per alcuni è troppo tardi. Nella maggioranza in molti si sono già espressi, ma si spera ancora di poter rimediare. Così si tratta ancora una volta tra tutti i protagonisti, presenti stavolta in Transatlantico, e alla fine sui telefonini di senatori e deputati del centrodestra compare un altro invito: votate per Felice Giuffrè, ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico a Catania, invece che per Valentino.
Ma ormai è caos e alcuni parlamentari azzurri osservano che questo «con Niccolò non sarebbe mai successo», sottolineando come nelle scorse legislature la partita delle scelte per il Csm la giocasse sempre Niccolò Ghedini con «ottimi risultati».
Intanto che si decide e che tutti i gruppi si convincono a votare il nuovo nome, nessuno passa più sotto i catafalchi e le votazioni di fatto si sospendono per oltre un’ora. Ma poi arriva la notizia della rinuncia di Valentino a candidarsi e tutto riprende. Lui si difende da ogni sospetto e parla di «fango» che gli è stato gettato addosso, mentre i vertici di Fratelli d’Italia inviano note a sostegno del collega di partito, ex senatore, nonché presidente della Fondazione di Alleanza Nazionale dal 2017. E mentre i parlamentari tornano in Aula a esprimere le proprie preferenze si fanno i conti: su Giuffrè non è facile raggiungere il quorum richiesto visto che quasi tutti i senatori e molti deputati avevano già votato per Valentino.
Sugli altri 9 candidati, invece, l’intesa sembra reggere visto che si è riusciti anche a rispettare il dettato dell’ultima riforma del Csm per prevede il rispetto dell’equilibrio di genere. E a mettere in campo più donne alla fine è Fratelli d’Italia che, oltre alla candidatura maschile, ne indica ben tre: Isabella Bertolini, Daniela Bianchini e Rosanna Natoli. Una se la intesta anche la Lega che, oltre all’avvocato Fabio Pinelli, punta tutto sull’avvocatessa di Trento Claudia Eccher. Candidati rigorosamente maschili per Forza Italia - con Enrico Aimi - per il Pd - con Roberto Romboli - per il M5S - con Michele Papa - e per il Terzo polo, con Ernesto Carbone, il renziano di ferro ricordato anche in Transatlantico per aver lanciato l’hashtag ‘ciaonè parlando di quorum durante il referendum costituzionale. Nel centrodestra però si minimizza: c’è sempre la possibilità di convocare una nuova seduta del Parlamento per eleggere anche un solo componente laico che manca.
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