Silvio Berlusconi è al lavoro per sanare lo scontro interno scoppiato nelle ultime ore dentro Forza Italia in Sicilia. E per trovare una soluzione al più presto e riportare «armonia e concordia» l’ex premier in serata ha chiamato Renato Schifani e Gianfranco Miccichè.
Fonti vicine al Presidente azzurro riferiscono che per tutto il giorno il Cavaliere ha cercato di ricomporre la situazione di gelo e incomunicabilità tra i due, cercando un punto di caduta per non scontentare né l’uno, né l’altro, grazie a un’operazione di grande diplomazia. Sicuramente - trapela da Arcore - ci sono ferite da sanare: la scelta di Schifani di accogliere tra gli assessori alcuni non eletti ha certamente provocato dei malumori. A questo punto - riferiscono le stesse fonti - sul tavolo c’è il tentativo di trovare delle compensazioni sulle presidenze di Commissioni e nella riorganizzazione generale del gruppo in Regione. Un intervento di mediazione accolto con favore dai vertici nazionali di Fratelli d’Italia, preoccupati da una rottura che va assolutamente evitata, altrimenti, ragionano fonti del partito di Meloni, in Sicilia si rischierebbe seriamente la tenuta della maggioranza di centrodestra. E l’unico a poter fare da paciere è senza dubbio il leader di Fi.
Nel frattempo, a Palermo, i rapporti tra i due contendenti sono freddissimi. Miccichè che dice di sentire Berlusconi ogni giorno, osserva che lo stesso Cavaliere ha provato a parlare con il presidente siciliano ma sinora invano. «So che l’ha cercato, ma Schifani non gli ha risposto, magari è molto impegnato», aggiunge forse sarcastico. Che non si siano sentiti almeno fino a ieri, il governatore della Sicilia l’ha confermato in una delle tante pause della lunga seduta parlamentare che ha tenuto impegnato il governo e i deputati in sala d’Ercole per quasi undici ore tra facce scure, franchi tiratori e battute d’arresto durante il voto per la composizione dell’ufficio di presidenza dell’Assemblea siciliana. Un esordio peggiore di questo per la maggioranza, che sulla carta conta 40 deputati su 70, non si poteva immaginare. Miccichè parla di una situazione «surreale».
Per la tenuta del centrodestra Forza Italia nelle ultime campagne elettorali (tranne la parentesi di Rosario Crocetta) aveva rinunciato a candidare un proprio uomo, ora che a guidare la Regione c’è un dirigente storico come Schifani il partito è andato in tilt. «Non ho idea di cosa sia successo - sostiene Miccichè - Schifani ha nei miei confronti un atteggiamento incomprensibile, come se gli avessi fatto qualcosa di tremendo, come se nutrisse un senso di vendetta». A soffiare acredine, secondo i più fedeli a Miccichè, sarebbero alcuni dirigenti azzurri da tempo in dissenso con la linea del coordinatore forzista e la fronda di FdI che non ha ancora perdonato all’ex presidente dell’Ars di averla avuta vinta sulla mancata ricandidatura di Nello Musumeci.
Un fronte comune di «ortodossi», è la riflessione tra i fedelissimi di Miccichè, che avrebbe una sorta di «golden share» sul governatore Schifani, la cui candidatura fu avanzata da Ignazio La Russa, allora delegato da Giorgia Meloni a gestire il «dossier Sicilia». Lo strappo tra Schifani e Miccichè è forte, i due non si parlano. L’ultimo contatto risale ad una settimana fa. Pochi minuti di colloquio, prima della seduta d’insediamento dell’Ars, poi la foto di rito a denti stretti: s’intuiva che i rapporti erano ai minimi. Alla base ci sarebbe la scelta fatta da Schifani dei tre nomi di Fi inseriti in giunta (Marco Falcone, Edy Tamajo e il tecnico Giovanna Volo) non concordati con Miccichè. E la costituzione di due gruppi all’Ars separati Forza Italia 1 e Forza Italia 2 - capogruppo del primo con nove parlamentari è Stefano Pellegrino e del secondo con quattro proprio Miccichè - dà la misura di quanto sia teso il clima nel partito. Al momento nessuno dei deputati più vicini al coordinatore di Fi ha ruoli nell’ufficio di Presidenza (il vice e un deputato-segretario sono di area Schifani), per cui si pensa che lo snodo su cui Berlusconi potrebbe far leva è la commissione Bilancio.
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