Le diplomazie sono al lavoro per arrivare a un incontro fra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron al G20 di Bali la settimana prossima. La premier non medita marce indietro sui migranti, la linea «porti chiusi» potrebbe essere rinforzata da provvedimenti sulla falsa riga dei dl sicurezza del 2018 (si valutano anche la confisca delle navi e multe pesanti). Quanto prima, però, va ricomposta la crisi, esplosa nelle otto ore che martedì hanno infiammato i rapporti fra Roma e Parigi. Una rapida successione di eventi, per certi versi ancora un giallo, che ha cancellato le impressioni positive del faccia a faccia fra i due leader il giorno prima in Egitto. Martedì alle 10 fonti del ministero dell’Interno francese riferivano l'apertura del porto di Marsiglia alla Ocean Viking. La notizia era prima commentata da Matteo Salvini su Twitter («L'aria è cambiata») e poi, poco dopo le 21, dalla premier, che esprimeva «apprezzamento per la decisione della Francia». Altre due ore e la Francia denunciava il «comportamento inaccettabile» del governo italiano. Uno scontro conclamato, insomma, con sullo sfondo timori di ritorsioni su più fronti, a partire dal Pnrr. «Incomprensioni» le ha definite Meloni. «Non so se avete inventato voi la notizia - ha detto ai giornalisti in conferenza stampa - o loro (i francesi, ndr) hanno cambiato. Non essendo arrivata una smentita dopo otto ore ho detto grazie. Il mio era un gesto distensivo, potrebbe essere stato interpretato...». La lettura più diffusa fra i fedelissimi della leader di FdI attribuisce l’irrigidimento francese a «problemi interni» di Macron. Allo stesso tempo, si ragiona, c'è la convinzione che serva abbassare i toni. Va bene mantenere fermezza, nel sospetto che ci sia una regia politica dietro le mosse delle navi delle ong (troppe, viene osservato, le tre navi sulle nostre coste in una manciata di giorni); e nella certezza che sia «necessario prendere l’iniziativa» per cambiare passo «sui taxi del mare», rispetto «ai vecchi esecutivi abituati a fare quello che diceva la Francia». Ma la fermezza, sottolinea chi lavora dietro le quinte per distendere la situazione, non richiede necessariamente di rivendicare come vittorie politiche gli sbarchi dei migranti nei porti di altri Paesi. Perché l'obiettivo finale di Palazzo Chigi è «risolvere insieme in Europa l’emergenza». Intanto, Meloni ha incassato l’endorsement del presidente del Ppe Manfred Weber, la cui visita a Palazzo Chigi - non annunciata - è capitata in un momento cruciale. «L'Italia non può essere lasciata sola, serve una soluzione Ue», l'avvertimento del leader del Partito popolare europeo, che guarda anche a una possibile alleanza con i Conservatori europei (guidati proprio da Meloni) in vista delle elezioni per l'Europarlamento del 2024. Solo l’ungherese Viktor Orban si era esposto a favore della premier per la «difesa dei confini dell’Europa», prima del tedesco Weber. E non è l’unico segnale positivo per il governo in questa giornata, segnata anche dall’appello di Sergio Mattarella a «scelte condivise dell’Ue». È visto come il classico bicchiere mezzo pieno la presa di posizione della Germania, che avverte l’Italia («Rispetteremo gli impegni di solidarietà finché lo fa Roma») ma non si allinea del tutto alla Francia. E si prende atto che non sembra avere attecchito l’appello francese agli altri Paesi affinché sospendano il ricollocamento dei migranti dall’Italia. Cantare vittoria su questo, però, non aiuterebbe il lavorio diplomatico portato avanti da Palazzo Chigi, in asse con Colle e Farnesina, in cui gioca un ruolo non secondario il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. L’obiettivo ora è riportare nei binari le relazioni con Parigi. In ballo ci sono, come ha notato in Consiglio dei ministri anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, rapporti commerciali ed economici strettissimi. Nonché quella alleanza in sede Ue rinforzata da Mario Draghi su due dossier delicati come il tetto al prezzo del gas e il nuovo Patto di stabilità, su cui l’ex premier aveva avviato con Macron un pressing sulla Germania per inserire la golden rule, ossia lo scorporo degli investimenti dal debito. Ragioni molteplici e di notevole peso specifico per cui, si ragiona in ambienti di governo, nemmeno ai francesi conviene arrivare al punto di rottura.