Mercoledì 18 Dicembre 2024

Caos Forza Italia, il giallo dello scambio di ministeri tra Pichetto e Zangrillo

Da sinistra Gilberto Pichetto Fratin e Paolo Zangrillo

Il nuovo governo Meloni difficilmente troverà spazio nella collezione di successi politici di Silvio Berlusconi. Ha ottenuto per Forza Italia tanti ministeri quanti la Lega ma non la Giustizia, quello che ha reclamato con più forza per Elisabetta Casellati (finita alle Riforme istituzionali) arrivando allo scontro con la nuova premier, acuito dalle considerazioni sulla guerra in Ucraina e Vladimir Putin. Un incidente per ora messo alle spalle, con la conferma alla Farnesina (con ruolo da vicepremier) per Antonio Tajani, i cui rapporti con il leader azzurro non sono però più idilliaci come un tempo, in un partito attraversato da non poche tensioni. Reduce dal summit del Ppe in cui ha ribadito il filoatlantismo di Forza Italia, Tajani è stato inserito nella delegazione per le consultazioni al Quirinale, con il Cavaliere e i due capigruppo, Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo. Il quartetto si è fatto immortalare nella Sala dello Zodiaco, con il fondatore del centrodestra seduto su una poltrona antica. Poi in silenzio, a eccezione di qualche battuta sui corazzieri, con lo stesso sorriso si è presentato davanti alle telecamere. Che hanno inquadrato lo scambio di sguardi con Matteo Salvini, di traverso sopra la spalla di Meloni, apparenti lampi di una silenziosa perplessità comune, mentre la leader di FdI spiegava di essere stata indicata come premier all’unanimità dagli alleati. Una scena diventata virale mentre Berlusconi con lo stato maggiore di FI da Villa Grande gestiva le ultime trattative sui ministri. Ore intense, in cui due caselle attribuite al suo partito sono state messe in discussione. «Noi di Forza Italia daremo un contributo decisivo e qualificato», il concetto ribadito più volte in giornata dal leader. Ma ancora una volta, come nella suddivisione dei collegi e in altri snodi del centrodestra negli ultimi quattro mesi, l’ex premier si è trovato nella posizione di chi non può più distribuire le carte. E alla fine il varo dell’esecutivo, al di là degli entusiastici commenti ufficiali, lo stato d’animo diffuso è di chi ha dovuto ingoiare il rospo perché non c’erano alternative. È saltata Gloria Saccani Jotti, che il Cavaliere voleva all’Università: hanno prevalso le perplessità di Meloni e il dicastero è finito all’ex capogruppo azzurra Anna Maria Bernini. E l’emblema del caos interno è il giallo Pichetto-Zangrillo. Il nome di Gilberto Pichetto nel pomeriggio di trattative è rimbalzato dal Mite al Mise fino alla Pubblica amministrazione, come annunciato dalla premier che succederà a Mario Draghi. Dopo quasi due ore la correzione, per «un errore di trascrizione» dovuto probabilmente a un pasticcio in FI: Pichetto all’Ambiente e sicurezza energetica, incarico prima attribuito a Paolo Zangrillo, un passato da manager del fornitore di energia e gas Acea, a cui infine va la Pubblica amministrazione Zangrillo, raccontano tra gli azzurri, avrebbe telefonato a Berlusconi chiedendo di essere dirottato lì non sentendosi all’altezza della sfida sull’energia. Il fratello del medico personale di Berlusconi, Alberto Zangrillo, è la new entry dell’ultima ora, su cui il Cavaliere ha insistito. Alla fine, fra ricostruzioni ufficiali e ufficiose, questo epilogo non è necessariamente felice per l’ottantaseienne leader di FI. Aveva ottenuto che il Ministero per l’Ambiente non perdesse le deleghe sull’energia previste per l’ex Mite. Ora, però, quel posto va a Pichetto, considerato non fra i parlamentari più vicini al leader. Nelle prossime settimane in FI si misurerà la distanza di molti da Berlusconi. Magari a partire da dopo le nomine di sottogoverno. Il gruppo del Senato, guidato da Ronzulli, è più compatto. In quello della Camera, secondo i ragionamenti che si fanno anche nel partito, c’è più probabilità che emergano le fibrillazioni fra i fedelissimi del presidente e chi non ne ha condiviso le ultime mosse, dal braccio di ferro sul ministero per Ronzulli alle esternazioni su Putin. Dentro e fuori il centrodestra, in Parlamento sono tanti a scommettere su una fuga, più o meno contenuta verso il centro, magari verso Noi moderati, che al Senato ha costituito il Gruppo con rinforzi di FdI e alla Camera.

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