Gianfranco Micciché cambia idea di nuovo, chiude all’ipotesi di optare per il seggio conquistato al Senato. E mentre il coordinatore forzista getta scompiglio in una giornata politica fino a quel momento tranquilla esce allo scoperto Cateno De Luca che ne svela i piani (non tanto) nascosti: «Si candidi di nuovo a presidente dell’Ars e io lo sosterrò». Il centrodestra, appena uscito vincitore dalle Regionali, ha vissuto ieri una giornata di enorme fibrillazione. Perché nel pieno di una serie di emergenze che stanno abbattendosi su Palazzo d’Orleans e mentre il dibattito sulla formazione della nuova giunta è strozzato dai tempi lunghi con cui si sta completando lo scrutinio, Schifani e Fratelli d’Italia si sono ritrovati a gestire la bomba a orologeria azionata da Micciché nella coalizione. Rifiutando di spostarsi dall’Ars al Senato, come aveva più volte detto nei giorni scorsi, Micciché apre più di una crepa. Prima di tutto nel suo partito, dove Francesco Cascio, primo dei non eletti, resta fermo in rampa di lancio per prenderne il posto all’Ars. Con la stessa mossa Micciché acuisce e rende evidente la distanza da Schifani: malgrado abbia ribadito «di essere con Renato fino alla morte» il tentativo di strappare la presidenza dell’Ars a Fratelli d’Italia mette il governatore nella condizione inevitabile di lavorare per serrare le file e tutelare l’equilibrio della maggioranza. Non è un caso che ieri Fratelli d’Italia abbia prima informalmente fatto filtrare il nome del candidato che porterà avanti nelle votazioni all’Ars: si tratta di Gaetano Galvagno, deputato etneo alla seconda legislatura e molto vicino a Ignazio La Russa. Si supera così il dubbio legato alle aspirazioni di Alessandro Aricò, a questo punto destinato alla giunta. Poi però Fratelli d’Italia ha ufficialmente scaricato Micciché, allargando il solco già evidente col coordinatore di Forza Italia: «Dopo gli atteggiamenti manifestati durante le votazioni al Senato per noi non è più un interlocutore, nemmeno in Sicilia» ha ribadito il coordinatore regionale Giampiero Cannella. La mossa di Micciché è dettata da varie situazioni che si sono incastrate negli ultimi giorni: nel suo destino c’era la guida del gruppo di Forza Italia al Senato ma il no della Meloni a Licia Ronzulli nel governo ha obbligato Berlusconi a dirottare verso quel ruolo la sua senatrice. A quel punto per Miccichè sembravano però pronte ad aprirsi le porte della vice presidenza del Senato: lo stesso La Russa aveva garantito ai forzisti che l’operazione si poteva fare ma la posizione di scontro aperto che Micciché ha tenuto contro Fratelli d’Italia in questi giorni ha spinto direttamente Giorgia Meloni a stoppare la manovra. E ciò rende a questo punto più difficile per Berlusconi perfino il piano C, l’inserimento di Micciché nell’elenco dei sottosegretari. In questa situazione va poi valutato il peso crescente che Schifani sta assumendo dentro Forza Italia in Sicilia, da sempre feudo di Micciché. Restare nell’Isola per il coordinatore forzista equivarrebbe a giocarsi il match per il controllo del partito, ormai ultimo granaio elettorale di Berlusconi. Schifani ieri non ha voluto commentare la sortita di Micciché. Ma nei giorni scorsi aveva lasciato intendere che nel suo governo non ci sarà posto per il coordinatore regionale, tanto meno alla Sanità (l’area su cui punta esplicitamente). Il governatore però continua ad assecondare il piano con cui Berlusconi lavora per dare al suo pupillo un riconoscimento nazionale: potrebbe essere un incarico nel partito. Nell’attesa però Schifani non può non registrare il tentativo di Micciché (per quanto mai ufficializzato) di tenersi la poltrona di presidente dell’Ars aprendo una frattura nella maggioranza. Ieri nel centrodestra hanno lavorato per serrare le file e hanno anche fatto qualche calcolo: Micciché nel gruppo di FI può contare su almeno 3 fedelissimi, i deputati del rissoso e umorale ex sindaco di Messina sono 8 e se pure il Pd volesse giocare di sponda per accendere micce nel centrodestra Micciché potrebbe contare su altri 11 deputati. Difficile che i grillini stiano al gioco. Il totale fa quindi 23 voti. Ne servirebbero altri 13. E per ottenerli Miccichè non potrebbe che sperare in una maxi spaccatura nel centrodestra. Che è esattamente quello che ieri per tutto il giorno Fratelli d’Italia e Schifani hanno tentato di evitare allargando anche il dialogo informale con pezzi dell’opposizione. E dicendosi in serata sicuri con gli alleati di potere riuscire a evitare fronde interne.