Razza, Cordaro, Samonà: mezza giunta regionale non candidata, ecco gli esclusi di tutti i partiti
A metà pomeriggio di ieri Toto Cordaro si è arreso: «Non mi ricandido. L’Udc si è rivelato un contenitore vuoto sia di uomini che di principi». L’assessore al Territorio della Regione Siciliana è stato vittima di un fuoco incrociato, e amico. Il partito di Cesa, che pure esprime il sindaco di Palermo, non è riuscito a costruire liste autonome per le Regionali. E i partiti che hanno ereditato gli uomini del (fu glorioso) Scudocrociato di mettere in lista Cordaro non ne hanno voluto proprio sapere. Né la Lega, che pure tanti esuli ha accolto ma a Palermo è una polveriera, né la Dc di Cuffaro hanno dato spazio a uno degli uomini simbolo del governo Musumeci. Curioso destino, quello di Cordaro, che qualche mese fa abbandonò polemicamente Saverio Romano, certo di entrare nelle liste dell’allora candidato al bis Nello Musumeci. Ora Romano una lista l’ha fatta, seppure in società con Raffaele Lombardo, mentre lo scivolone di Musumeci e poi il flop dell’Udc hanno condannato l’assessore al Territorio. In realtà anche l’altro dei frontman del governo uscente alle Regionali del 25 settembre non ci sarà: Ruggero Razza, l’assessore alla Sanità e delfino designato di Musumeci, ha preferito fare un passo indietro. Ci sarà invece la moglie, Elena Pagana, ex pentastellata che a Enna è in corsa per Fratelli d’Italia. La sorpresa della giunta Musumeci è Daniela Baglieri, assessore uscente ai Rifiuti entrata, col simbolo dell’Udc alle spalle, per garantire le quote rose. E ora in corsa per Forza Italia a Ragusa. L’elenco degli assessori che non si ricandidano è lungo. Ne fanno parte altri uomini di peso: Antonio Scavone, che ha guidato il Lavoro, non è nelle liste dell’Mpa (ma non lo era stato nemmeno nel 2017) e Alberto Samonà (Beni Culturali) non figura negli elenchi della Lega. Non è della partita neppure Marco Zambuto, l’assessore al Personale, che ha scelto il passo indietro per sostenere ad Agrigento la corsa del forzista Riccardo Gallo Afflitto, uno degli uomini più vicini a Marcello Dell’Utri. Al conto va aggiunto Manlio Messina, assessore al Turismo uscente, che ha scelto di candidarsi alle Politiche per Fratelli d’Italia. Così come lo stesso Musumeci. E così più della metà del governo uscente non si sottoporrà alla verifica del voto. Gli esclusi eccellenti sono tanti anche nell’altra metà campo. Nel Pd, a Trapani, ha rinunciato Baldo Gucciardi, deputato di lungo corso che nella giunta Crocetta fu assessore alla Sanità dopo Lucia Borsellino. I suoi affluenti elettorali, in primis il sindaco di Salemi Domenico Venuti, hanno scelto di proporsi autonomamente e così Gucciardi ha perfino evitato di chiedere la deroga per avere superato i tre mandati. Giuseppe Lupo, il capogruppo uscente, dopo aver rinunciato alla candidatura per togliere dall’imbarazzo Caterina Chinnici, che non voleva indagati in lista (seppure per reati di scarsa gravità), ieri ha postato una foto dagli scranno di Sala delle Lapidi: è lì il suo futuro. Alla Regione però Lupo si misurerà ugualmente: ha scelto di sostenere un candidato new entry nella lista di Palermo, Mario Giambona, di estrazione cislina. Nella lista nissena del Pd non c’è neppure Giuseppe Arancio, altro storico deputato che ha scelto di lasciare spazio al segretario provinciale Peppe Di Cristina. Nel Pd si aprono spazi enormi a Siracusa e Messina. Lì i due uscenti - Giovanni Cafeo e Pippo Laccoto - sono stati folgorati da Salvini e dunque nella lista del Pd figurano new entry per una sfida che si annuncia apertissima. Mentre, sempre a Messina, Franco De Domenico resta fuori e minaccia di lasciare il Pd, deluso dalle scelte elettorali. Fra i Cinquestelle gli esclusi sono invece sotto traccia, ma stanno facendo molto rumore (virtuale) nelle chat che da sempre animano la vita del Movimento. I pentastellati avevano scelto di celebrare le primarie on line per indicare i nomi in lista. Ma all’ultimo minuto le primarie sono state sostituite da un voto - con la formula del Sì o No - a elenchi predeterminati dove per lo più hanno trovato spazio gli uscenti al primo mandato e nessuno degli animatori delle piazze, che si sono quindi visti sbarrare la strada. Il risultato è che un mese fa, per le primarie di coalizione i voti a Barbara Floridia, dunque di iscritti del M5S, erano stati circa 10 mila mentre al referendum del Sì o No alla lista per le Regionali hanno votato in 3 mila (per di più con 487 voti contrari). E poi ci sono altri tipi di esclusi. Si tratta di big di partito che hanno perso sia la corsa alle Politiche che quella alle Regionali: fuori da entrambe le liste. Il caso più clamoroso è quello di Francesco Scoma, ex Forza Italia che a metà della scorsa legislatura è passato prima con Renzi e poi con la Lega, sperando proprio nella ricandidatura a Roma o in quella a sindaco di Palermo. Scoma, escluso dalle Politiche, non figura nemmeno nella lista palermitana della Lega. È uno dei casi che aprono scenari nuovi. Perché sia Scoma che Zambuto e Cordaro potrebbero essere ripescati come assessori nella eventuale giunta Schifani. Anche se il candidato presidente del centrodestra finora ha strategicamente evitato di prendere impegni per gli assessorati. E va detto anche che nella Lega la corsa a un posto in giunta è affollatissima: a Palermo ci spera Marianna Caronia, a Catania Luca Sammartino. In Fratelli d’Italia ci sono due grandi esclusi sia dalle Politiche che dalle Regionali. Ed entrambi sono e restano parlamentari europei. Il primo è Giuseppe Milazzo, ex forzista in rotta di collisione con i big del partito, che però nella lista a Palermo ha messo il fedelissimo Fabrizio Ferrara. Il secondo è Raffaele Stancanelli, da molti indicato come il più accreditato alla successione di Musumeci e poi, dopo il no opposto da Fratelli d’Italia, finito in uno scontro velenoso con Ignazio La Russa, che gli ha dato del vigliacco. Sono le ultime scorie della fase di scelta dei candidati. Da oggi inizia la campagna elettorale più breve della storia: fra meno di un mese si aprono le urne.