Anche in Sicilia si alza il livello d’allerta per tracciare eventuali casi di vaiolo delle scimmie: il ministero della Salute ha inviato una circolare a tutte le Asp e agli ospedali dell’Isola illustrando quali sono gli indizi sospetti da tenere d’occhio e come intervenire nell’eventualità che si dovesse isolare un contagiato. Sarà la task force dell’Istituto superiore di sanità – che è stata creata appositamente per monitorare l’emergenza – a tenersi in contatto con le reti sentinella per le infezioni, tra le quali figura anche il neonato centro regionale siciliano epidemie e pandemie.
Il virus del «monkeypox» si può trasmettere attraverso le goccioline respiratorie dopo un prolungato faccia a faccia ma anche con i fluidi corporei: i primi sintomi sono febbre, mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena, ingrossamento dei linfonodi, brividi e spossatezza, quindi compaiono le pustole sul viso che si diffondono spesso ai genitali. Il periodo di incubazione varia tra 6 e 16 giorni fino a tre settimane, il tasso di mortalità è basso e la maggior parte delle persone guarisce in poche settimane: i più a rischio sono i bambini, i giovani adulti e gli immunocompromessi. Le autorità sanitarie italiane hanno raccomandato di valutare con attenzione, prima di ogni contatto personale stretto o sessuale, la presenza di eventuali manifestazioni cutanee inusuali sulla cute del partner, un comportamento utile a prevenire non solo il vaiolo delle scimmie ma anche altre infezioni sessualmente trasmissibili.
Attualmente in Sicilia la situazione sembra sotto controllo: finora le strutture sanitarie non hanno ricevuto segnalazioni e non è scattato l’allarme su possibili casi ma dalla prossima settimana il livello di sorveglianza potrebbe estendersi sul modello già sperimentato durante il Covid soprattutto negli aeroporti, nelle stazioni e nei porti, in particolare in quelli dove sbarcano i migranti provenienti dall’Africa. «Filtrare l’arrivo dei passeggeri è fondamentale per evitare la diffusione di qualsiasi malattia infettiva, questa volta è particolarmente importante verificare lo stato di salute delle persone che arrivano dal continente africano perché è il luogo da dove di solito si sviluppa questo tipo di vaiolo», spiega Francesco Vitale, professore di Igiene e medicina preventiva all’Università di Palermo, nonché direttore di Epidemiologia Clinica e del laboratorio del Policlinico Paolo Giaccone.
Misure precauzionali a cui potrebbe aggiungersi anche la vaccinazione contro il vaiolo degli operatori sanitari: «Stiamo ipotizzando una situazione del genere per il nostro personale - continua Vitale - anche se non abbiamo scorte visto che la malattia è scomparsa da più di 40 anni e in ogni caso prima dovremo capire se l’immunità pregressa oggi ha ancora efficacia».
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