Compatta e forte di un voto che ha raccolto una maggioranza bulgara attorno a una mozione unitaria e collettiva, l’Associazione nazionale magistrati guidata da Giuseppe Santalucia e Salvatore Casciaro si lascia alle spalle la disfatta del caso Palamara and friends, e marcia decisa con ritrovato orgoglio verso l’individuazione della data nella quale indire il giorno di sciopero - contro la riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario - al quale le toghe hanno dato il disco verde con 1081 voti a favore, 169 contrari e 13 astenuti, dopo un dibattito di otto ore al quale hanno partecipato come ospiti anche parlamentari esperti del ramo giustizia. Per non essere «invadente» in un momento così delicato, la Guardasigilli Marta Cartabia ha declinato l’invito al meeting delle toghe mandando però il suo capo di gabinetto Raffaele Piccirillo e tenendo aperta la porta del dialogo con un messaggio a una convention antimafia in cui ha scritto che «la nostra magistratura è un presidio del nostro vivere democratico». «Per me la riforma non va chiusa così: la mia idea è che si tratta di una riforma blanda, serve invece che sia molto più incisiva, va migliorata al Senato e si possono prendere in considerazione anche alcuni spunti tecnici che ho sentito qui oggi», ha detto Giulia Bongiorno della Lega - pronta a mettere in discussione il testo della riforma a Palazzo Madama - sottolineando che «il cuore del problema politico è se al Senato si cambierà o meno questa riforma: perchè da un lato c’è l’esigenza delle imminenti elezioni del Csm e di chi vuole che si svolgano a luglio con le nuove norme, io invece credo che le riforme devono essere incisive altrimenti è meglio non farle». E’ probabile che l’astensione dalle udienze, che potrebbe essere seguita da altre repliche se la politica non presterà ascolto, si tenga prima che il Senato approvi la riforma, attorno 20 al maggio. «Abbiamo assistito all’accentuazione delle criticità della riforma» e «siamo qui per trovare forme di protesta, che siano anche attraverso atti» che manifestino all’esterno «le ragioni» delle nostre obiezioni alla riforma che «sarà inutile e credo anche dannosa», ha sottolineato Santalucia nel suo intervento all’assemblea in «convocazione straordinaria“ e che ha contato sulla partecipazione al voto di oltre 1423 toghe, anche tramite delega. In tutto, i magistrati sono poco meno di 10mila, e il 96% è iscritto all’Anm. «E’ una riforma permeata da logiche aziendalistiche, - ha proseguito il segretario Casciaro - che mira all’efficienza e pensa ai tribunali come a catene di montaggio, che forniscono, possibilmente in tempi rapidi, un prodotto, poco importa se sia o meno di qualità. Una riforma che altera profondamente il modello costituzionale di giudice» e che «è animata dal risentimento» della politica, nonostante siano passati trenta anni da Mani Pulite. Ci ha pensato Giulia Sarti, molto applaudita, a mettere in guardia dal rischio di modifiche della riforma al Senato. «Il pericolo - ha detto la parlamentare Cinquestelle - è che se si riaprirà il dibattito in Senato sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, nei numeri non ci sarà una maggioranza come quella che finora è riuscita ad evitare la responsabilità diretta dei magistrati e l’azzeramento del passaggio di funzioni. La complessità delle posizioni e la loro eterogeneità ha portato e porta il Parlamento a fare riforme fatte anche di cose che siamo riusciti ad evitare». «Spero che se non sarà al Senato, sarà nei decreti attuativi» che potranno esserci «modifiche», ha aggiunto Sarti. Nessuna mano tesa da Enrico Costa di Azione che ha subito bocciato lo sciopero, «è sbagliato» e ha sferzato i magistrati «a riflettere sulla drammatizzazione degli effetti rispetto alle riforme in campo» ricordando che la tanto temuta riforma sulla responsabilità indiretta delle toghe in 12 anni ha portato solo a otto condanne. Sulla stessa linea il leader dei penalisti. «Non vi è nessun altro Paese al mondo - ha detto il presidente delle Camere penali Gian Domenico Caiazza - dove per ogni governo che si forma vengono messi fuori ruolo 200 magistrati, e tacete su tutto questo. Volete che il capo di gabinetto e il capo dell’ufficio legislativo del ministero siano dei magistrati e non degli appartenenti al funzionariato di carriera. Non potete chiudervi in un fortino per cui ogni modifica riformatrice la vivete come un assalto». La chiamata alle armi dell’Anm si è svolta a Roma, nell’Aula magna della Pontificia Università San Tommaso D’Aquino Angelicum che ha una capienza di 1100 posti, quasi tutti riempiti, ha detto Italo Federico, il magistrato che ha presieduto l’assemblea sotto lo sguardo di un busto marmoreo di Papa Giovanni II. Il ‘radunò dei magistrati, chiamati a decidere l’estremo passo contro la riforma che modifica il sistema elettorale e il funzionamento del Csm e vara le contestatissime ‘pagellè sulla performance delle toghe, è stato trasmesso in streaming dalla stessa Anm.