Silvio Berlusconi arriva a Roma per dare il via al «conclave» del centrodestra sul Quirinale e alla vigilia degli incontri con gli alleati il piano resta quello di sempre: la candidatura del Cavaliere per il Colle resta in piedi ma con una nuova e forte subordinata che passa per il sostegno o meno di Forza Italia al governo e, quindi, per le elezioni anticipate. «FI non si sente vincolata a sostenere alcun governo senza Draghi a Palazzo Chigi, e, nel caso, uscirebbe dalla maggioranza» :è l’aut-aut che arriva dal leader azzurro poco prima della conferenza stampa del premier che non batte ciglio e ricorda che finché «c’è voglia di lavorare insieme..il governo va avanti». Ma il messaggio fa saltare sulla sedia il segretario del Pd: «Penso che Berlusconi smentirà quelle parole. Se fossero state dette veramente sarebbero molto gravi. La tempistica è sbagliata, profondamente» dice Enrico Letta chiarendo che chi sarà responsabile di un muro contro muro sul Colle se ne dovrà assumere la responsabilità davanti al Paese.
Tajani: "Se Draghi non resta a Palazzo Chigi il governo è destinato a cadere"
È un altolà chiaro quello del Cav per ribadire, nelle stesse ore in cui Mario Draghi mantiene la bocca cucita, quello che il coordinatore azzurro Antonio Tajani scandisce in tutte le salse: non esiste un piano B, a meno che per B non si intenda Silvio B. «Se Draghi resta a Palazzo Chigi si va a votare nel 2023, altrimenti il governo è destinato a cadere» concorda il vicepresidente azzurro augurandosi che nel vertice di centrodestra il Cav sciolga definitivamente la riserva: lui al Quirinale e Draghi a palazzo Chigi «sarebbero un’ottima coppia per sostenere il ruolo dell’Italia a livello internazionale». Posto, comunque, che alle prossime elezioni Fi non porrà «alcun veto» a Salvini o Meloni come premier.
Gli alleati sono cauti e non si espongono
Ma sia la Lega sia Fdi continuano ad essere cauti: il leader del Carroccio continua a non nominare direttamente il Cavaliere ma frena per Draghi al Colle, Fratelli d’Italia attende i fatti. «Sto lavorando da giorni con contatti a 360 gradi per garantire una scelta rapida, di alto profilo e di centrodestra» dice Salvini. Intanto anche Giovanni Toti e Luigi Brugnaro saranno nelle prossime ore a Roma per riunire mercoledì i parlamentari di Coraggio Italia: al momento sarebbero 31 i grandi elettori di CI’, di cui 21 deputati, 9 senatori e il presidente della Liguria Giovanni Toti, in attesa di capire se ci sarà un altro delegato regionale. Il presidente del partito Brugnaro, ha detto di puntare «su Draghi come prima scelta per il Quirinale» mentre Toti avverte: «non voglio sentir parlare d’incompatibilità tra la figura di Berlusconi e il Quirinale né che Draghi sia l’unico al mondo che può proseguire l’azione di Governo» ma «all’interno di questa forchetta ogni ragionamento è ancora da fare».
Centrosinistra compatto per dire no al Cavaliere
Così come resta da fare ancora il ragionamento del campo del centrosinistra dove l’unica certezza per ora è il no a Berlusconi. In giornata si riuniranno i deputati 5 Stelle, la segreteria del Pd e ci sarà un probabile nuovo incontro Letta-Conte-Speranza prima dell’assemblea congiunta 5s con Conte prevista per mercoledì e della Direzione dem che Letta ha convocato per il 13. Letta ha già chiarito qual è la sua strategia: continuità di governo e larga condivsione per eleggere un capo dello Stato non divisivo e senza un «muro contro muro». E «Berlusconi è un capo partito, quindi è divisivo per definizione, come me, Salvini, Conte», dice ancora Letta che ribadisce: «questo Parlamento è senza maggioranza, come tale il Presiedente non può che uscire da uno sforzo condiviso». La questione del Colle «si deve risolvere con un incontro fra i segretari di partito. Sediamoci e facciamolo subito», ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda che propone Marta Cartabia e ribadisce, anche lui, che Draghi «deve restare» a Palazzo Chigi. Quanto ai 5 Stelle, Conte, anche in vista della difficile partita per il Quirinale annuncia la fine dell’Aventino in Rai: il Movimento tornerà in Tv. Ma intanto scoppia la polemica dei parlamentari sulle «Qurinarie» bocciate dall’ex reggente Vito Crimi. Un colpo, dicono alcuni 5 Stelle, al principio della democrazia diretta «valore fondante» del M5s gli ricorda Dino Giarrusso che giudica «infelice» l’uscita del senatore. (
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